NOTIZIARIO del 16 settembre 2004

 
     

Premier Thailandia in Italia dal 'gemello' Silvio Berlusconi
di Giulia Alliani

La prossima settimana il premier tailandese Thaksin Shinawatra sara' il primo in vent'anni a visitare l'Italia, nel corso di una rapida visita in Europa. Secondo un comunicato, Thaksin incontrera' mercoledi' il suo omologo italiano Silvio Berlusconi per discutere un rafforzamento dei legami economici, turistici e culturali.

Lo scriveva ieri 'The News International, Pakistan' , aggiungendo che "Thaksin e Berlusconi sono entrambi miliardari che si sono fatti da soli. Il premier italiano possiede il Milan, mentre il collega tailandese, pochi mesi fa, aveva dichiarato l'intenzione di comprare il 30% di una squadra inglese, il Liverpool. In seguito aveva abbandonato l'idea."

Proprio all'epoca del tentato acquisto della squadra, un esperto tailandese spiego' al giornale inglese The Guardian che la figura di Thaksin e' "una combinazione di un dominio aziendale alla Silvio Berlusconi, del populismo del venezuelano Hugo Chavez e della criminalità di Robert Mugabe".

In alcuni vecchi articoli, risalenti al 2001, anche l'Economist sottolineava le somiglianze tra i due uomini di Stato: "Il paragone con l'Italia e' corretto: il Signor Thaksin assomiglia proprio a Silvio Berlusconi... I due uomini hanno accumulato cospicue fortune di cui si sono poi serviti per creare nuovi movimenti politici come veicoli per le loro ambizioni. E, come Berlusconi, adesso Thaksin si e' comprato una stazione televisiva che tende a fornire un'immagine assai favorevole del suo proprietario.

Inoltre, come Berlusconi, Thaksin ha i suoi guai con i funzionari dell'anticorruzione. Il 26 dicembre la Commissione Nazionale Anticorruzione ritenne Thaksin colpevole di aver tenuto nascosti assets per decine di milioni di dollari. Alcuni, compresi un campo da golf e le azioni della sua societa' di elettronica, erano stati intestati ai suoi autisti e ai suoi camerieri... Poco plausibilmente Thaksin sostenne di non aver dichiarato tutte le sue proprieta' per una svista, e attribui' alla moglie la responsabilita' dei cambi di intestazione."

"Se la decisione della Commissione sara' confermata dalla Corte Costituzionale Tailandese - proseguiva l'Economist del 9 gennaio 2001 - Thaksin rischia di essere escluso dall'attivita' politica per cinque anni... Si ritiene improbabile che la corte costituzionale rovesci la decisione contro Thaksin: negli otto casi di corruzione che ha finora affrontato, la corte ha confermato i verdetti."

Ma il 9 agosto 2001 l'Economist doveva ricredersi: "Dopo i terremoti finanziari di cui l'Asia si era trovata protagonista nel 1997, nessun altro paese come la Tailandia ha combattuto tanto per far pulizia nella politica... istituendo potenti organismi indipendenti che avrebbero costretto i politici a rigar dritto, monitorando i loro tentativi di comprarsi i voti e controllando le loro proprieta' una volta eletti...".

"Il 3 agosto 2001 tutto e' cambiato: la Corte Costituzionale Tailandese, per motivi che non ha ritenuto opportuno rendere noti, ha bocciato, con otto voti contro sette, la decisione contro il Signor Thaksin presa dalla Nuova Commissione Nazionale Anti-Corruzione".

L'Economist riferiva altri particolari sulle accuse rivolte a Thaksin e aggiungeva che, poche settimane dopo la pronuncia della Commissione Anti-Corruzione "in occasione delle elezioni generali, il Thai Rak Thai (che significa "I Thai amano la Thailandia", ndr), il nuovo partito del Signor Thaksin, personalmente finanziato dal suo leader, era andato trionfalmente al potere, nonostante Thaksin rischiasse di essere escluso dalla politica per 5 anni".

L'Economist concludeva scrivendo: "l'affare Thaksin divenne immediatamente un test per saggiare l'indipendenza delle nuove istituzioni tailandesi" e aggiungeva un commento pessimista: "La cosa piu' preoccupante, a proposito di Thaksin, e' il disprezzo che ha ripetutamente manifestato per la Commissione e per la Corte. In un primo momento si era addirittura rifiutato di testimoniare davanti alla Commissione, anche se poi aveva ceduto."

"E comunque, anche dopo aver vinto la causa, si lamentava e diceva di trovare 'strano' che proprio lui, il leader votato da 11 milioni di persone dovesse inchinarsi di fronte alle decisioni della Commissione e della Corte, due organismi composti soltanto da commissari e giudici 'nominati', che il popolo non aveva avuto la possibilita' di scegliere direttamente, e accennava anche al fatto che le leggi in questione hanno molti 'aspetti sbagliati' e bisognosi di modifiche, che egli sarebbe stato in grado di apportare grazie alla sua maggioranza parlamentare"."

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