NOTIZIARIO del 25 marzo 2004

 
     

Legge Gasparri. Che fare adesso?
di Rita Guma

Sconforto e sconcerto in buona parte della societa' civile dopo l'approvazione al Senato della Gasparri in una versione che mantiene sostanzialmente inalterati i punti cui il Capo dello Stato aveva mosso documentate critiche rifiutando la sua firma.

Sconcerto, quindi, per le modeste modifiche apportate e per la "nonchalance" avuta dalla Cdl nel presentare queste modifiche come sostanziali. Sconforto perche' fra breve sara' questa legge che regolera' i rapporti fra TV grandi e piccole e fra gestori pubblici e privati in Italia e la distribuzione della pubblicita' fra carta stampata e televisione.

Ora il decreto nella nuova versione passa alla Camera, dopo di che, se approvato, Ciampi dovra' firmarlo.

Il contrasto alle nuove norme non e' preconcetto, e per molti non e' neppure di parte. Infatti molti oppositori accusano il ddl Gasparri di incostituzionalita', ed in effetti esso resta tale per tutti quei punti in cui non c'e' stato adeguamento alle richieste di Ciampi.

La sentenza 231/85 della Corte Costituzionale stabilisce infatti che sia evitato "il pericolo che la radiotelevisione, inaridendo una tradizionale fonte di finanziamento della libera stampa (la raccolta pubblicitaria, ndr), rechi grave pregiudizio ad una libertà che la Costituzione fa oggetto di energica tutela". La nuova legge non da' garanzie in questo senso.

Altro problema rilevante e' l'ampiezza del SIC (il sistema integrato delle comunicazioni) che, a detta dello stesso Ciampi "potrebbe consentire, a causa della sua dimensione, a chi ne detenga il 20%, di disporre di strumenti di comunicazione in misura tale da dar luogo a posizioni dominanti" e che nella nuova versione viene ridotto, ma ad una misura indefinita, dato che il suo valore dipende da una molteplicita' di fattori.

E' il parlamento che fa le leggi, ed esse vanno rispettate, finche' in vigore, tuttavia vi sono strumenti democratici che, all'evidenza di contraddizione con norme superiori nazionali (la Costituzione) o sovranazionali (le direttive europeee) permettono di avanzare azioni di chiarimento e tutela dei diritti fondamentali.

Cosa quindi si puo' concretamente fare? Esaminiamo due possibili alternative percorribili fra le altre.

La prima si generera' automaticamente nel momento in cui vi fosse un procedimento giudiziario in cui fossero implicate le norme in questione, una volta approvate. E cio' avverrebbe in modo casuale o volontario quando un gestore o altri soggetti della comunicazione fossero accusati di violazione della suddetta legge o ne accusassero altri. Al momento di applicare la Gasparri al processo, una delle parti in causa avrebbe la possibilita' di presentare eccezione di incostituzionalita' al tribunale, per cui la legge passerebbe al vaglio della Corte Costituzionale, come gia' avvenuto per il "lodo" Schifani. A quel punto sarebbe la decisione della suprema corte a decretarne l'illegittimita' o meno.

Questa via, a meno che il casus belli non sia provocato intenzionalmente, potrebbe avere un decorso piuttosto incerto e comunque lento - anche considerati i tempi della giustizia - quindi sconsigliabile affidarvisi per una rapida soluzione della questione, anche se - qualora giungesse a sentenza - la soluzione sarebbe definitiva ed immediata, decadendo la legge.

Un'altra possibilita' e' fare ricorso agli organismi europei: Commissione e Corte di Giustizia. Infatti l'influenza della legge, anche nell'attuale versione, sulla creazione di potenziali posizioni dominanti in campo radiotelevisivo sarebbe possibile oggetto di verifica ed eventuale sanzione da parte del commissario UE per la libera concorrenza (che potrebbe agire anche autonomamente ed eventualmente deferire l'Italia alla Corte di Giustizia Europea qualora non adeguasse la sua normativa alle norme europee in materia).

In questo caso, poi, non trattandosi solo di mere regole di concorrenza del mercato, ma di incidenza diretta (numero di testate e posizione dominante) ed indiretta (finanziamenti pubblicitari e quindi esistenza in vita delle testate) sulla liberta' di stampa e di espressione, tutelate dalla Carta dei Diritti fondamentali dell'Unione, il ricorso alla Commissione potrebbe assumere una doppia connotazione.

Inoltre anche altri organismi di monitoraggio e denuncia come l'OSCE possono essere interessati dalla questione dell'incidenza sulla liberta' di stampa, tramite l'apposito commissario subentrato a Freimut Duve (il quale proprio la Gasparri aveva gia' denunciato nella relazione conclusiva). Tuttavia l'OSCE ha poche vie d'azione, oltre alla denuncia e alla pressione politica, per cui piu' concreta appare la via dell'Unione.

Le soluzioni europee sono piu' rapide nell'iter e piu' internazionali nella visibilita' mediatica, ma piu' incerte nell'esito finale, in quanto uno Stato puo' anche ignorare per lungo tempo un disposto della commissione ed essere disposto a pagare penali (specialmente in caso di conflitto d'interessi, in cui lo Stato paga e i membri del governo o loro amici guadagnano dal ritardo), dato che non vi sono altri tipi di sanzioni per i governi colpevoli di violazione.

Vi sarebbero altre strade, come defatiganti referendum per l'abolizione della legge, ma quelle sopra illustrate sembrano le piu' percorribili, anche se anch'esse non immediate.

E' pero' uno dei tanti casi in cui gli organismi sovranazionali, quelli, per intendersi, sotto accusa per la inadeguata azione sul fenomeno della globalizzazione, possono assolvere a quella che dovrebbe essere la loro principale funzione: armonizzare le legislazioni e tutelare i piu' deboli.

by www.osservatoriosullalegalita.org

_____________

I CONTENUTI DEL SITO POSSONO ESSERE COPIATI CITANDO E LINKANDO LA FONTE