NOTIZIARIO del 19 marzo 2004

 
     

Monarchia e Costituzione in Spagna e Marocco
e terrorismo islamico

Avvenire della pace

di Mara Muscetta *

Mi ha molto colpito la notizia pubblicata sul Corriere della Sera del 18 marzo in un articolo di Battistini secondo cui il Re Juan Carlos, avendo avuto uno scambio di idee col giovane re del Marocco , ha immediatamente ritenuto valida l' ipotesi della pista islamica, inizialmente esclusa dal governo. Sulla base di questa convinzione é veramente straordinario che egli abbia con fermezza rifiutato il rinvio delle elezioni a maggio, proposto da Aznar, e non abbia accettato che l' agenda elettorale spagnola fosse imposta dal terrorismo.

Tanto la Spagna che il Marocco hanno vissuto stagioni di dittature (repubblicana-franchista l'una, monarchico-autoritaria l'altro). I due paesi ne sono usciti con grande fatica , anche grazie all'autorità e agli sforzi delle rispettive monarchie. Esse hanno imboccato con decisione la strada dello sviluppo e della modernizzazione economica da un lato e soprattutto hanno scelto lo stato di diritto. Si trattava di assumere le proprie responsabilità, in un momento di svolta cruciale per il proprio Paese.

Questi risultati di grande importanza rischiano oggi di essere compromessi dall'estremismo islamico, che si sviluppa in misura esponenziale, anche in ragione delle gravi fratture di natura sociale ed -economica che il liberismo ha prodotto nelle due società. Gli attentati di Casablanca e di Madrid vanno letti nel contesto di questa situazione , che sta degenerando nell'orrore assoluto.

Ma in Marocco l' aspetto più indigesto della nuova Costituzione agli occhi degli islamici é proprio la cauta separazione dello Stato dal potere religioso. La Costituzione promulgata da Mohamed VI ha sancito nuovi diritti civili per le donne del suo Paese. Molto resta da fare sul piano della loro alfabetizzazione e promozione economica, per assicurare il pieno trionfo della loro nuova condizione giuridica. Ma é proprio questo il nocciolo duro che consentirà di tagliare l'erba sotto i piedi alle velenose argomentazioni del fondamentalismo islamico.

Questa evoluzione democratica dei Paesi islamico-moderati del Maghreb, molto incoraggiata dalla Francia, sarà concretamente possibile col rilancio di una nuova politica europea nei confronti di tutti i Paesi dell'altra riva, un processo iniziato nel 1995 con la conferenza di Barcellona e continuato con Euromed, ma gravemente messo in crisi dalla ripresa del conflitto israelo-palestinese.

L'ultimo vertice euromediterraneo di Creta ha concluso accordi di associazione dei Paesi Europei con Tunisia, Marocco, Israele, Giordania e, ad interim, con l'Autorità Palestinese e il Libano, tuttavia la grave fluidità della situazione in Israele e in Palestina ostacolano fortemente un vero processo di integrazione fra le due rive, e la guerra in Irak costituisce un altro grave handicap.

Pertanto l'elezione di Zapatero appare a molti un fatto estremamente positivo:

1) perché rifiuta il prolungamento dell'intervento bellico preventivo e unilaterale in Irak ,al quale Aznar ha associato la Spagna

2) perché rimette in movimento il processo di integrazione europea attraverso la Costituzione , al quale Aznar si era opposto, e questo é una premessa di capitale importanza per un ruolo autonomo dell'Europa nelle politiche del Mediterraneo, rispetto agli Stati Uniti

3) perché potrebbe rimettere in discussione i risultati catastrofici delle politiche economiche liberiste, all'origine di fratture e di ingiustizie sociali inaccettabili anche per gli stessi lavoratori spagnoli.

Alla luce di queste prospettive si potrebbe vedere con favore la tesi di riconciliazione tra Israele e Palestina indicata da Emma Bonino e fon data sull'ipotesi di un "Benelux dell'acqua ", che consenta di stabilizzare la situazione, per passare in un secondo tempo ,man mano che verranno siglati altri accordi, a una domanda di ingresso nell'Unione Europea da parte dei tre paesi interessati allo sfruttamento di quella risorsa: Giordania, Palestina, e Israele. Le regole di accesso all'Europa potrebbero imprimere, a mio avviso, una straordinaria accelerazione alla democratizzazione dei due paesi arabi, e costringerebbe gli ortodossi israeliani più intransigenti a miti consigli.

Non si capisce affatto invece l'opposizione radicale alle proposte di Zapatero di ritirare i soldati spagnoli a giugno, disegnata sul Corriere della Sera di ieri dalla stessa Bonino. Infatti, di fronte al peggioramento della situazione terrorista in Iraq, non mi pare che ci sia altra via ragionevole.

Emma Bonino propone che tutti siano presenti in Iraq. D'accordo, ma non gli occupanti attuali. Meglio l'intervento di Paesi finora estranei al conflitto: Arabia, Brasile, India, Francia e Germania, nel quadro di una nuova risoluzione.

Sarebbe pero ' necessario un supporto di pronto intervento militare internazionale, rafforzato - cosi' come proponeva Bernard Kouchner, alto commissario ONU in Kossovo, nell'ultimo convegno tenuto in Svezia - con la gestione economica delle risorse irakene affidata all'ONU , in vista della ricostruzione.

Allo stato attuale delle cose, in questo quadro di insicurezza generalizzata, non é immaginabile che eventuali imprenditori possano ancora continuare a rischiare in Iraq uomini e risorse , come hanno fatto fino a adesso.

* gia' direttrice dell'Istituto italiano di cultura Marsiglia

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