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NOTIZIARIO del 26
febbraio 2004
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Gli
avvocati ... del diavolo Finalmente avvocati e giudici si parlano. E' un suggerimento che noi dell'Osservatorio avevamo sommessamente rivolto alla presidenza dell'ANM prima della manifestazione nazionale di Roma, anche se in quell'occasione non era stato accolto, o non era stato possibile farlo. Eravamo e siamo convinti, infatti, che la protesta dei Magistrati e le osservazioni fatte al ddl sulla riforma dell'ordinamento giudiziario siano in massima parte giuste e doverose, soprattutto laddove si toccano i diritti costituzionali della persona e l'autonomia del magistrato. Ma siamo anche convinti che questa non debba apparire una difesa corporativa, e che quindi vada condivisa concretamente con la maggior parte delle componenti della societa', a partire dai tecnici, cioe' docenti universitari ed avvocati. Mentre i giuristi erano stati coinvolti in modo spontaneo a piu' riprese nella questione, anche se solo in alcune significative componenti, il dialogo con gli avvocati si afferma solo adesso. L'esperienza francese insegna che il dialogo fra le due parti permette, se non di contrastare le proposte di legge riduttive e limitanti, almeno di rafforzare gli appunti fatti a quelle riforme. Ecco quindi che l'odierno confronto costruttivo fra l'ANM e l'organismo rappresentativo dell'Avvocatura Italiana assume un grande rilievo. Tuttavia mi preme qui far notare due importanti aspetti di questo avvenimento. Esso non si deve infatti porre (ne' interpretare) come cedimento dovuto all'avvicinarsi dell'ora X in cui l'approvazione della riforma nella sua interezza avrebbe messo in moto una serie di meccanismi che, anche ove fosse stata successivamente riconosciuta l'incostituzionalita' di alcuni punti, avrebbe stravolto l'impianto attuale della Giustizia ponendo a rischio importanti capisaldi a garanzia dell'indipendenza del magistrato (e quindi garanzia per il cittadino). Ed occorre anche, nell'ansia o nell'entusiasmo di questo rinnovato dialogo, evitare di esagerare con i cedimenti che renderebbero ricattabile il singolo magistrato e potenzialmente tutti i magistrati. Mi riferisco al meccanismo proposto dall'ANM di introduzione di periodiche e frequenti verifiche attitudinali e professionali, che va certamente fatto, ma nel prevedere il quale occorre fare molta attenzione. La possibilita' offerta agli avvocati - e che ne incontra certamente il favore - che fatti specifici riguardanti la negligenza di un magistrato vengano segnalati dal Consiglio dell'Ordine degli avvocati, porrebbe infatti un serio problema. Infatti l'avvocato non e' un'osservatore terzo ne' occasionale, ma una parte in causa in un processo ed un costante frequentatore del tribunale e potrebbe essere tentato di usare l'arma della segnalazione per intralciare il procedimento in corso o far pressioni sul magistrato o peggio minarne la carriera, tanto piu' che in quanto professionista l'avvocato puo' essere prezzolato (non si parla ovviamente di coloro la cui etica li porrebbe fuori da simile ragionamento). Cio' finirebbe col dare un'arma enorme in mano ad inquisiti ricchi o potenti per perseguitare ed infine eliminare i magistrati scomodi. Il dialogo anche da noi sollecitato, quindi, ed oggi manifestatosi, andrebbe accompagnato da una attenta riflessione. Ad esempio potrebbe pensarsi ad un meccanismo per cui le segnalazioni di problemi avvengono su un intero ufficio, o su una procura, determinando come conseguenza un automatismo per cui i magistrati seri ed incolpevoli di quella struttura farebbero pressioni collegialmente sul collega responsabile del malfunzionamento o sull'organismo della Magistratura preposto (ad es sezione disciplinare del CSM) affinche' il problema venga rimosso o il magistrato sanzionato. Cosa che oggi non avviene spesso per una serie di meccanismi comuni a tante categorie, come medici e insegnanti, fra cui una naturale propensione di tutti al quieto vivere e la modestia di concreti strumenti d'azione interna che in qualche caso finirebbero col penalizzare l'accusatore piu' che l'accusato. _____________ I
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