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NOTIZIARIO del 18
gennaio 2004
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Retequattro
sul satellite? In questi giorni molti commentatori (compreso Massimo D'Alema a "Ballarò") hanno evidenziato il fatto che in Italia le istituzioni di garanzia funzionano: il Presidente della repubblica ha respinto la legge Gasparri, la Corte costituzionale ha annullato il lodo Maccanico (è giusto chiamarlo con il nome del suo primo ideatore, Schifani è un replicante). Quindi non viviamo in un regime. O per lo meno non ancora. Il fatto è che i segnali d'allarme esistono e proprio i due tentativi ora sventati ne sono una prova. Anzi, il primo dei due non è stato neppure sventato, perché il Presidente della repubblica ha poi promulgato il decreto legge che salva Retequattro e che rappresenta una violazione della Costituzione ancor più grave della legge Gasparri. Vediamo perché. La sentenza 20 novembre 2002 n. 466 della Corte costituzionale aveva stabilito - come è noto - che la legge regolante il settore delle comunicazioni era illegittima nella parte in cui non prevedeva un termine certo e non prorogabile oltre il 31.12 03, per la cessazione delle trasmissioni via etere di Retequattro (il dispositivo della sentenza non riguarda la diversa questione della pubblicità su Raitre). La Corte aveva ammesso la possibilità di una fase transitoria già in atto da anni e ne aveva ammessa "l'attuale prosecuzione, purché temporaneamente limitata"; aveva aggiunto che la legge vigente era in contrasto con la Costituzione poiché - riferendosi ad uno sviluppo della rete digitale "ancora in una fase di mera sperimentazione" - non assicurava "alcuna certezza di cessazione della fase transitoria entro un termine congruo e definitivo"; occorreva quindi fissare "un termine finale assolutamente certo, definitivo e dunque non eludibile" entro il quale o si dava concreto inizio ad un nuovo sistema rispettoso dei principi di partecipazione e pluralismo o l'emittente eccedente doveva cessare le trasmissioni via etere. La data del 31.12.03 - concludeva la Corte - "offre margini temporali all'intervento del legislatore per determinare le modalità della definitiva cessazione del regime transitorio". I "margini temporali" indicati per la cessazione del "regime transitorio" - cioè quello di passaggio dal vecchio al nuovo sistema - sono quindi inequivocabilmente quelli compresi tra il 20.11.02 (data di pubblicazione della sentenza) e il 31.12.03, data a partire dalla quale sarebbe dovuto essere vigente il nuovo regime. Poiché entro il 31.12.03 una nuova legge di settore, rispettosa dei principi del pluralismo, non è entrata in vigore per i noti motivi, non restava che il passaggio di Retequattro sul satellite. Senza alternative, né possibilità di ulteriori compromessi. Cosa ha fatto invece il governo, interpretando capziosamente il messaggio del presidente della repubblica? Ha affermato, nella relazione di accompagnamento al decreto legge, che la data del 31.12.03 costituisce il termine entro il quale il legislatore deve dare inizio al cosiddetto "regime transitorio", nell'ambito del quale Retequattro può continuare a trasmettere via etere. Già questa è una clamorosa violazione della sentenza della Corte, che aveva precisato, non con linguaggio criptico-giuridico ma con parole chiarissime ed univoche, che il termine del 31.12.03 non era ulteriormente prorogabile né eludibile (già quello compreso tra il 20.11.02 e il 31.12.03 era infatti un periodo di proroga della fase transitoria in corso da prima). Quindi la proroga di un termine, dichiarato non prorogabile dalla Corte costituzionale, è incostituzionale. Ma andiamo avanti. Secondo la relazione governativa al decreto legge la fase di passaggio dal vecchio al nuovo sistema (anziché terminare il 31.12.03) inizia il 1° gennaio 2004. Ma quando termina? E' noto che anche questo è uno dei punti su cui si soffermava il messaggio del presidente della repubblica. Bene, il decreto legge assegna alla Autorità per le garanzie nelle comunicazioni il termine del 30 aprile 2003 per svolgere un "esame della complessiva offerta dei programmi televisivi digitali terrestri" (come se non ci fosse già oggi un quadro chiaro e le cose potessero cambiare in quattro mesi) e poi un ulteriore termine di un mese per riferire al governo e al parlamento. E poi cosa succede? Succede che l'Autorità per le garanzia nelle comunicazioni - se, come è scontato, non ci saranno le condizioni per la ampia diffusione dei programmi tramite reti digitali terrestri - potrà adottare "i provvedimenti indicati dal comma 7 dell'art.2 della legge 31 luglio 1997, n.249". E cosa dice questo comma? Dice che quando l'Autorità riscontra l'esistenza di posizioni lesive del pluralismo "apre un istruttoria nel rispetto del principio del contraddittorio, al termine della quale interviene affinché esse vengano sollecitamente rimosse". La norma aggiunge che - sempre al termine dell'istruttoria, che può durare tempi indefiniti - l'Autorità può anche imporre la dismissione di aziende o rami d'azienda, determinando però un congruo termine non superiore ad un (altro) anno. In sostanza un vero e proprio rinvio - come si suol dire - alle calende greche. Altro che termine certo, non prorogabile e non eludibile! Non va dimenticato che l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni è quella presieduta dal prof. Enzo Cheli, che ha aperto varie istruttorie sul superamento dei limiti per i messaggi pubblicitari da parte di Mediaset e Rai e (salvo errori) non ne ha ancora conclusa in modo efficace neppure una, tanto che i tetti alla pubblicità sono regolarmente tuttora superati. Insomma sembra evidente che il decreto legge del governo sia una solenne presa in giro, un complesso di cavillosità avvocatesche che in un Paese serio sarebbero state sommerse dalle risate. Ma allora perché il Presidente della repubblica lo ha firmato, dopo avere respinto la legge Gasparri, che, se non altro, era una legge organica, pur con tutti i suoi limiti? Probabilmente perché due prove di forza con il governo a così breve distanza di tempo erano giudicate insostenibili sul piano politico. La firma di Ciampi si spiega in sostanza come una sorta di cedimento a esigenze (giuste o sbagliate che siano) di "realpolitik" e non certo a valutazioni di tipo giuridico. Dopo di che ognuno potrà valutare questo tipo di scelta come meglio crede. Ma non si dica che il governo ha recepito il messaggio del presidente della repubblica e si è adeguato alla sentenza della Corte costituzionale del 20 novembre 2002! _____________ I
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