NOTIZIARIO del 30 marzo 2004

 
     

Cheney, l'amico del giudice
di Giulia Alliani

Il giudice della Corte Suprema degli Stati Uniti Antonin Scalia, ritenuto un conservatore convinto, ha consegnato un memorandum di 21 pagine in cui spiega i motivi per i quali ha deciso di non astenersi dal giudizio in una causa in cui si trova coinvolto il suo vecchio amico Dick Cheney, attuale vice-Presidente degli Stati Uniti.

Il caso e' considerato eccezionale perche' i Supremi Giudici non hanno l'abitudine di fornire spiegazioni quando affrontano un caso o se ne astengono, non danno interviste e cercano di mantenersi al di sopra della mischia.

Era stato il Los Angeles Times a pubblicare due mesi fa la notizia che Scalia e Cheney avevano partecipato insieme, in gennaio, ad una battuta di caccia in Luisiana. Da allora politici, ambientalisti, giornalisti, vignettisti non hanno smesso di esercitare pressioni perche' Scalia si astenga dall'udienza, che si svolgera' il mese prossimo. A loro parere, l'amicizia con una delle parti in causa potrebbe esporre il giudice a sospetti di parzialita'.

Nel 2001 Cheney aveva organizzato una task-force per la politica energetica. Sospettando che il vice-presidente avesse invitato alle riunioni anche i massimi dirigenti delle industrie interessate, un importante gruppo ambientalista americano, il Sierra Club aveva citato Cheney, secondo quanto previsto dal Federal Advisory Committee Act, per obbligarlo a divulgare i nomi dei partecipanti e i resoconti di quanto era stato detto. Cheney si era rifiutato sostenendo che la pretesa costituiva una grave violazione delle sue prerogative di membro dell'esecutivo.

Oggi le elezioni presidenziali sono alle porte e il futuro politico del vice-presidente e' gia' piuttosto scricchiolante: non pare dunque possibile considerare la controversia "la solita disputa legale su una decisione amministrativa", cosi' come la definisce Scalia.

Due tribunali di rango inferiore hanno gia' dato torto a Cheney. Un'ulteriore conferma da parte della Corte Suprema significherebbe un ulteriore danno per la sua reputazione. Il voto di Scalia potrebbe rivelarsi decisivo. Se si astenesse, la Corte potrebbe risultare divisa 4 contro 4, e a quel punto la decisione dei tribunali di grado piu' basso prevarrebbe.

Secondo una legge del 1974 un giudice dovrebbe astenersi se "la sua imparzialita' puo' ragionevolmente essere messa in dubbio". L'interpretazione della norma e' pero' lasciata al singolo giudice.

Scalia si era recentemente astenuto nel caso del giudizio sulla costituzionalita' delle parole "under God" nella Promessa di Fedelta'alla Nazione, dopo aver fatto dei commenti in pubblico sul merito della causa. E' piuttosto raro che i Giudici Supremi decidano di astenersi, ma proprio Scalia ha ritenuto opportuno di farlo parecchie volte nel recente passato, in casi in cui era piu' o meno direttamente coinvolto il Dipartimento del Lavoro, in cui lavora come avvocato suo figlio Eugene.

Scalia sostiene che, nel caso di Cheney, la sua astensione non solo sarebbe ingiustificata, ma addirittura porterebbe un danno alla Corte: si creerebbe infatti un pericoloso precedente in quanto si potrebbe pensare ad un suo cedimento di fronte alle pressioni esercitate dall'opinione pubblica.

Secondo Scalia e' noto che i giudici della Corte Suprema hanno l'abitudine di frequentare membri del Congresso e dell'Esecutivo, e non c'e motivo perche' smettano di farlo. "Se e' ragionevole pensare che un giudice della Corte Suprema puo' essere comprato a cosi' buon mercato" ha detto Scalia "allora il Paese si trova in una situazione peggiore di quella che immaginavo".

Tuttavia sono in molti a credere che il problema non stia nel fatto che l'imparzialita' di Scalia sia concretamente in pericolo, ma nella possibilita' che una persona ragionevole potrebbe pensarlo. E finora il giudice non e' ancora riuscito a convincere i dubbiosi.

by www.osservatoriosullalegalita.org

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