NOTIZIARIO del 25 ottobre 2003

 
     

Canaglia a chi?

Negli ultimi anni gli USA hanno elaborato la nozione, determinante per la loro politica estera, di "stato-canaglia": nella comunità internazionale bisognerebbe distinguere gli stati perbene da quelli fuorilegge, che non solo possiedono armi di distruzione di massa ma anche sono pronti ad impiegarle effettivamente nei confronti di altri Paesi.

E in base a questa teoria, estranea al diritto internazionale consolidato, si è voluta giustificare la guerra preventiva contro l'Iraq. Intanto, mentre continuano a non trovarsi le armi di distruzione di massa, che costituirebbero la prova provata che l'Iraq può essere a ragione considerato uno stato-canaglia, pericolosa centrale di terrorismo internazionale, si moltiplicano le pubblicazioni che, svelando quanto sia falsa la vulgata diffusa dai media controllati dalle forze al potere nei paesi occidentali, negano sia la possibilità di distinguere gli stati buoni da quelli cattivi sia il diritto degli USA di ergersi a giudici in materia.

William Blum, un ex funzionario del Dipartimento di Stato americano, arriva addirittura a sostenere, nel documentatissimo volume Con la scusa della libertà, che proprio agli Stati Uniti può attribuirsi la qualifica di stato-canaglia perchè è certo che le armi le possiedono, le hanno usate e le usano a fini terroristici. Che cosa è, infatti, il "terrorismo"? Nel 1999 un comunicato stampa dell'FBI, l'ufficio investigativo statunitense, lo ha definito come "l'uso illegale della forza diretto contro persone o proprietà per fini intimidatori o coercitivi nei confronti di un governo, una popolazione o parte di essa".

Sulla base di questa definizione numerose iniziative statunitensi, che hanno suscitato e suscitano l'indignazione di tanti cittadini americani, vanno certamente considerate atti di terrorismo. Basti qui ricordare le armi chimiche, come il napalm, usate, per ammissione del vicesegretario alla Difesa dell'epoca, Cyrus Vance, dagli Stati Uniti in Vietnam o il genocidio dei Maya in Guatemala perpetrato dagli squadroni della morte, con un coinvolgimento così scoperto della CIA, l'agenzia americana di spionaggio, da costringere il presidente Clinton a precipitarsi nel 1999 a Città del Guatemala per chiedere scusa a quel popolo. Per non parlare degli attentati, torture, colpi di stato effettuati da uomini di vari Paesi addestrati a tal fine da un'apposita scuola militare che ha sede in Georgia, la Scuola delle Americhe.

Quando, nel 1996, il Pentagono fu costretto a rendere pubblico qualcuno dei manuali di addestramento utilizzati in quella scuola, il New York Times scrisse: "Tutti gli americani ora possono leggere alcune delle malsane lezioni che l'esercito degli Stati Uniti ha impartito a ufficiali di polizia e militari degli eserciti latinoamericani".

E almeno in un caso, quello del Nicaragua, la natura terroristica di una certa politica estera americana è stata ufficialmente riconosciuta. Contro l'amministrazione Reagan, che con le sue violenze aveva provocato 29.000 morti, il Nicaragua propose infatti appello alla Corte internazionale di giustizia dell'Aja, che nel 1986 ingiunse agli Stati Uniti di porre fine alla loro politica criminale e di pagare i danni già arrecati. Poichè Reagan rifiutò di riconoscere la giurisdizione della Corte, il Nicaragua chiese all'ONU di approvare una risoluzione che obbligasse tutti gli stati a rispettare il diritto internazionale ma in Consiglio di sicurezza gli USA posero il veto a tale risoluzione e non pagarono alcun prezzo per i crimini per cui erano stati condannati.

Solo un cenno, infine, al gusto per i bombardamenti a cui le diverse amministrazioni americane, non solo repubblicane ma anche democratiche, sembra non riescano a sottrarsi. I bombardamenti aerei, dalle bombe atomiche su Hiroshima e Nagasaki a quelle all'uranio impoverito nella ex-Jugoslavia, in Afghanistan e in Iraq, cosa sono se non azioni terroristiche? A meno di non voler considerare terrorista solo chi usa le bombe ma non possiede aerei per lanciarle!

Che abbiano ragione coloro che considerano gli Stati Uniti non i custodi del diritto internazionale ma uno dei principali stati-canaglia? Come definire, in effetti, la politica di un Paese che manda alla presidenza uomini che hanno autorizzato o sono disposti ad autorizzare azioni terroristiche su vasta scala? "Negli Stati Uniti non potremmo considerare adatto alla presidenza un uomo che abbia lanciato una bomba in un ristorante affollato, ma siamo lieti di eleggere un uomo che in passato ha lanciato bombe distruttive non solo contro un ristorante ma anche contro tutti gli edifici intorno", osservava qualche anno fa con sgomento un politologo americano. Paradosso che meriterebbe un'attenta riflessione anche da parte dei politologi europei. "

Elio Rindone

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