NOTIZIARIO del 27 luglio 2003

 
     

Il trionfo impudico della morte

Molte opinioni sono state espresse sull'ammazzamento esibizionista e festoso dei due figli di Saddam. Ma forse qualcosa resta da dire. La guerra è morte, usata, maneggiata, studiata, esibita, vantata, è aggiunta crudele e artificiale alla mortalità umana.

Nessuna possibile oscenità può peggiorare l'oscenità della guerra. Chi ritiene la guerra necessaria e giustificata dovrebbe rivestirla di pudore e vergogna, come le necessità corporali puzzolenti e disgustose. Esibire la macellazione impudica del nemico pone al di sotto di ogni elementare senso umano.

Il potere mortale sull'altro è ontologicamente impudico, pornografico. Un pene eretto non lo vediamo sui quotidiani, ma è cosa umana, di cui non si vergognano civiltà dette primitive, non è osceno come la canna di un cannone, come un fucile puntato, che vediamo in continua abbondanza, e si vedeva (è cessata l'usanza?) persino in piazza san Pietro, in onore al papa.

Regna nei palazzi la pazzia nuda.

Comprare il nemico vivo o morto a suon di molto denaro è trattare umani, per quanto criminali, come animali da preda e da mercato. È già male con gli animali. Uccidere a freddo l'assassino rende assassini come lui e, se si è più armati di lui, peggiori di lui.

Solo l'altezza umana e la grandezza d'animo liberano dall'omicidio, altrimenti contagioso, prigione senza uscita. Far morto il nemico o il delinquente quando potrebbe essere preso vivo per processarlo valutando motivi e colpe sue, e magari nostre, significa volere anzitutto il suo silenzio, perché non riveli la nostra probabile complicità.

Nel caso dell'Iraq, la complicità dell'Occidente e degli Stati Uniti è cosa certa. Il cadavere umano è umano, qualunque sia stata la sua vita. Lo scempio è male sempre. Anche lo scempio fatto su Mussolini, il peggiore delinquente della intera storia italiana, fu orrore ingiustificabile. Dobbiamo anche mantenere almeno il dubbio che ucciderlo sia stata vera necessità, piuttosto che arrestarlo e processarlo.

Per Gian Battista Vico un indice di civiltà è il rispetto per i morti, nell'età degli uomini, «nella quale tutti si riconobbero essere uguali in natura umana», superiore all'età degli eroi, quella dei signori e dei servi. Il progresso diventa regresso quando gli uomini «impazzano in istrapazzar di sostanze».

Parlava delle statistiche attuali su quantità e distribuzione dei consumi tra i popoli.

Un tanto al giorno, gli iracheni ribelli all'occupazione uccidono ragazzi americani, poveracci ignoranti andati per soldo a calpestargli la terra. Non sanno far di meglio. Non hanno maestri migliori.

La guerra di occupazione si chiama liberazione. La guerriglia di liberazione si chiama vile agguato. Ogni senso è perduto. La festa a Baghdad, gli spari in aria (32 morti come risultato), sono una cosa levantina: possono avere il significato vantato o quello opposto, mi dice un iracheno. La festa alla Casa Bianca ha un solo significato: vantata barbarie da Far West, stato di natura hobbesiano.

Dentro la guerra è possibile ogni delitto aggiunto a delitto. Fuori dalla guerra comincia ogni possibile riscatto. Quando sarà preso Saddam, se non svanisce come Bin Laden, la festa barbara sarà all'acme.

Tout se tient. La guerra al terrorismo è terrorismo. L'impero è dittatura sulle dittature. I poveri, i miti, i buoni, reggono tutto sulle loro spalle, fragili e fortissime.

Solo per questo il mondo non crolla ancora.

Enrico Peyretti

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