NOTIZIARIO del 28 aprile 2003

 
     

Violazioni della legalità in Italia e nel mondo

Università-Opinione ribadisce la sua avversione a questa guerra (solo in apparenza conclusa) e a tutte le guerre. I costi umani sono stati elevatissimi: almeno cinquemila persone hanno perso la vita, una tragedia, che mette in discussione il livello di civiltà dell'Occidente, che non è stato in grado di ricorrere a vie alternative alle armi per porre fine al regime di Saddam Hussein. Se si considerano i costi materiali, che sino ad ora sono dell'ordine dei 20 miliardi di dollari (40 mila miliardi di lire, destinati ad aumentare con la ricostruzione), constatiamo che con tale valanga di danaro si poteva salvare la vita a milioni di individui, in decine di paesi poveri.

Peraltro gli obiettivi della guerra sono stati raggiunti solo in parte: le armi di distruzione di massa non sono state trovate, Saddam Hussein non è stato catturato, mentre noi siamo stati inondati di chiacchiere e mistificazioni, come quella che si sarebbe trattato di una guerra "preventiva" (è noto che tutte le guerre intendono "prevenire" qualche azione del "nemico", vera o presunta). Di menzogne ha parlato persino il capo degli ispettori ONU, i cui rapporti sarebbero stati falsificati dagli Stati Uniti, irritati per le notizie tranqullizzanti che scoraggiavano l'intervento armato, già deciso da tempo.

Gli angloamericani dicono di aver scatenato la guerra per diffondere la democrazia. Come mai solo l'Iraq è stato oggetto delle loro "attenzioni", quando è ben noto che la democrazia è assente in molti altri paesi? La risposta è ovvia: solo l'Iraq possiede enormi giacimenti petroliferi, che da oggi gli angloamericani possono sfruttare in proprio, come già fanno con l'oro del Sud Africa (da dove estraggono l'80 % della produzione mondiale), con le piantagioni di cacao in America latina, e con lo sfruttamento dei loro possedimenti, sparsi per tutto il mondo, che hanno contribuito a rendere gli Stati Uniti d'America l'unica superpotenza oggi esistente.

E' inquietante che gli Stati Uniti si pongano fuori dalla legalità internazionale. Infatti non riconoscono i tribunali internazionali, praticano la pena di morte, non rispettano il protocollo di Kyoto per la salvaguardia ecologica del pianeta, non sottoscrivono le convenzioni contro la tortura, ecc. E non possiamo dimenticare le gravissime responsabilità degli Stati Uniti, che sul finire degli anni '80 hanno sostenuto lo stesso Saddam Hussein nella repressione dei moti per la libertà che erano in atto in 14 province dell'Iraq. Il Prof. Paul Ginsborg, docente all'Università di Firenze, sostiene che occorre "esprimere una denuncia ferma e pacata del nuovo imperialismo americano, senza abbandonarsi ad un antiamericanismo viscerale"(*).

Ma un'altra offensiva è in atto nel nostro Paese, per fortuna non cruenta, ma non per questo meno mistificatoria: è l'aggressione che il primo ministro del governo italiano porta avanti contro chi non la pensa come lui. Berlusconi disprezza l'opposizione, sia che esprima parere difforme dal suo, sia che esprima consenso. Questo comportamento potrebbe apparire schizofrenico, ma a ben vedere rientra nella logica totalizzante dei componenti l'esecutivo, che tentano di addossare all'opposizione la colpa dei loro vistosi insuccessi, le cui responsabilità ricadono, ovviamente, solo sulla loro incultura. Quando Berlusconi attacca una parte del Parlamento, attacca anche la stessa Istituzione di cui fa parte, a conferma dell'anomalia istituzionale da egli stesso impersonificata. Gravissimo è stato l'attacco all'art. 41 della Costituzione.

Che fare, allora? Di fronte alle aggressioni e ai totalitarismi di ogni tipo occorre resistere, resistere, resistere e, soprattutto, non sentirsi in soggezione. Non si sente in soggezione l'Università, sede istituzionale della cultura che, in quanto tale, deve prendere le distanze da questa maggioranza, dalla vistosa inconsistenza culturale. Non si sentono in soggezione gli Italiani, di qualsiasi colore politico, perché questa maggioranza è estranea alla civiltà politica occidentale: essa rappresenta un'anomalia istituzionale, che fa leva su istinti un po' cialtroneschi, guappeschi e un po' razzisti, quegli stessi che hanno alimentato il fascismo. Non dobbiamo sentirci in soggezione noi quando siamo accusati di non riuscire a esprimere progetti alternativi perché, prima della "discesa in campo" di lor signori, l'Italia era in un cammino di crescita che loro stessi hanno interrotto, con lo smantellamento sistematico dello stato sociale, facendo compiere passi indietro alla democrazia e alla civiltà stessa nel nostro Paese.

D'altra parte "era Galbraith a sostenere, nel lontano 1958, che dove c'era squallore pubblico e opulenza privata non c'era civiltà"(*). Paul Ginsborg(*), ancora, ci incoraggia a partecipare, lasciandoci coinvolgere per dare il nostro "contributo alla res pubblica che a sua volta cresce di conseguenza", lasciando da parte la ricerca di formule magiche, di personalità politiche e di schieramenti, per cambiare radicalmente i modi di fare politica e per farsi carico, ove possibile, del processo riformatore, per "una riforma radicale di vero peso culturale nella storia politica della nazione".

Genova, 24 aprile 2003
Giorgio Di Liberto, Alessandro Morelli
Movimento Universita' Opinione, GE

(*) da La Repubblica , 18.4.2003.