NOTIZIARIO del 31 ottobre 2003

 
     

La sentenza della Corte dei Conti sulle spese per la comunicazione istituzionale.

CORTE DEI CONTI, SEZ. GIUR. LAZIO - sentenza 20 ottobre 2003, n. 2076 - Pres. Pasqualucci - Est. Della Ventura- Procura regionale c/ Francesco Rutelli e altri (Avv.ti Pellegrino, Lauteri, Medugno, Marotta). Responsabilità contabile e amministrativa - Amministratori e dipendenti degli enti locali - Spese sostenute per la comunicazione istituzionale - Scelta insindacabile da giudice - Non sussiste - Difetto di giurisdizione - Non sussiste - Colpa grave - Non sussiste.

Al Giudice contabile è precluso ogni apprezzamento che investa le valutazioni di convenienza e di opportunità compiute dall'autorità amministrativa, essendo vietata ogni ingerenza nell'attività di ponderazione comparata degli interessi, mentre, viceversa è consentito il vaglio dell'attività discrezionale degli amministratori, con riferimento alla rispondenza della stessa a criteri di razionalità e congruità rilevabili dalla comune esperienza amministrativa, al fine di stabilire se la scelta risponda a quei criteri di prudente apprezzamento cui deve sempre ispirarsi l'azione dei pubblici apparati.

L'insindacabilità delle scelte amministrative, prevista all'art. 3 della legge n. 639/1996 (modificativa dell'art. 1 della legge n. 20 del 1994), non esclude cioè la verifica giudiziale sul corretto esercizio del potere discrezionale, verifica che si avvale di parametri esterni, quali la competenza, il termine e la materia, ed interni; il rapporto fra fine istituzionale e fine concreto ; la congruità e la proporzionalità delle scelte; i princìpi di razionalità, imparzialità e buona amministrazione.

La definizione di colpa grave, intesa dalla giurisprudenza della Corte dei conti, si fonda sulla volontà dell'amministratore e/o agente pubblico che agisce illecitamente e con protervia, nonostante le chiare e contrarie indicazioni fornite dalla legge. Non sussiste un comportamento caratterizzato da colpa grave per quegli amministratori e/o dirigenti di un Comune, i quali, nella convinzione di operare legittimamente, in ossequio alle recenti norme in tema di comunicazione istituzionale, hanno utilizzato le risorse finanziarie pubbliche, per inoltrare ai cittadini della comunità una lettera con cui il sindaco rendeva noti i motivi delle sue anticipate dimissione, come l'essersi candidato al Parlamento nazionale, ricordando i risultati conseguiti durante il proprio mandato (1).

FATTO

La Procura regionale presso questa Sezione giurisdizionale per il Lazio, su impulso di molteplici segnalazioni di cittadini romani e di comitati a loro difesa, nonché di un esposto del Collegio dei revisori del comune di Roma, conduceva un'istruttoria volta a verificare eventuali danni subiti dalle finanze del comune medesimo, in relazione alla spedizione, a tutti i capi-famiglia romani, di una lettera datata 9.1.2001, a firma del sindaco pro-tempore, effettuata con oneri a carico del bilancio comunale. Nel corso dell'istruttoria sono stati formulati due inviti a dedurre, ex art. 5 della legge n. 19/1994, rispettivamente nel marzo e nel maggio 2002, notificati il primo ai drr. M.F., S.N. e F.A., e il secondo all'on. F.R., ex sindaco. In detti inviti la Procura ha rappresentato che, in data 9 gennaio 2001, è stata inviata a n. 1.260.420 capi famiglia romani una lettera "Dal Campidoglio", recante lo stemma del comune di Roma, a firma del sindaco, il cui contenuto si è sintetizzato nell'annuncio delle dimissioni dello stesso primo cittadino (consegnate in vista della partecipazione alla campagna elettorale nazionale, poi tenutasi il 13 maggio 2001); nel ringraziamento rivolto ai concittadini per la fiducia accordatagli in tutti gli anni di amministrazione dell'ente locale; nell'elencazione di alcune delle cose realizzate (ripristino della "fiducia e rispetto alla nostra città", promozione della "onestà e trasparenza all'amministrazione comunale, "risanamento dei "conti del comune", creazione delle "condizioni per una crescita delle imprese … e dei posti di lavoro"). Negli inviti a dedurre il PM ha fatto anzitutto presente che l'iniziativa della spedizione faceva seguito alla determinazione dirigenziale n. 614 del 29 dicembre 2000, con firma "per il Capo di Gabinetto" del sindaco, rivolta a:

1) integrare le disponibilità del fondo destinato al servizio di parte elettronico Postel per complessiva lire 615.158.156; prezzo occorrente per l'invio della lettera;

2) inserire nel quadro dei rapporti contrattuali con la Postel S.p.A., destinata a fornire le prestazioni, gli effetti della medesima determinazione n. 614/2000;

3) prevedere "l'ordinazione del servizio per mezzo di apposita determinazione scritta";

4) infine, far gravare la spesa complessiva di lire 615.158.156 (comprensiva di IVA al 20%), pari a euro 336.295,12, sul bilancio comunale per il 2000, ripartendola per 400.000.000 sul centro di costo relativo al Dipartimento I (Relazioni esterne e politiche per il turismo) e per lire 251.158.156 sul centro di costo relativo al Gabinetto del sindaco. In attuazione della determinazione n. 614/2000 è stata trasmessa alla Postel S.p.A. in pari data 29.12.2000, la lettera n. 51848, pure redatta dal Gabinetto del sindaco (u.o. cerimoniale) a firma "per il Capo di Gabinetto", di affidamento dell'incarico, con valore di "ordine ai sensi e per gli effetti dell'art. 17, ultimo alinea, del R.D. 18 novembre 1923, n. 2440". L'ulteriore fase si è sostanziata nell'immissione degli impegni di spesa sui predetti Centri di costo, nonché nell'emissione in data 17.5.2001 dei correlativi mandati di pagamento, per il complessivo ripetuto importo di lire 651.158.156 (comprensivo di IVA al 20% per lire 52.937.465).

Affermava il PM negli inviti a dedurre che il contenuto della lettera si rivelava privo di ogni requisito che consentisse di ricomprenderne la trasmissione tra le finalità del comune di Roma, così da giustificarsi l'avvenuta imputazione della relativa spesa a carico del bilancio dell'ente locale: il testo, sempre per l'organo requirente, si uniforma ad una mera rappresentazione di considerazioni a riferimenti di carattere pressoché interamente personale, slegato dall'esercizio di funzioni pubblicistiche quali sono quelle sottese al mandato di sindaco (si fa riferimento all'abbandono dell'Ufficio, al saluto ai cittadini, alla manifestazione della soddisfazione per il lavoro svolto, al rammarico per ostacoli incontrati durante il mandato, e così via). Assumeva dunque la Procura attrice che nella fattispecie si era verificato un evento lesivo, per comportamenti illeciti dai quali era scaturito un danno alle finanze del comune di Roma, di importo pari al costo di spedizione della lettera.

Di detto danno il PM riteneva responsabili i sigg.ri: Francesco Rutelli, sindaco pro-tempore del comune di Roma, per avere impresso il primo e determinante impulso alla iniziativa di spesa; M.F., svolgente nell'occasione le funzioni di Capo di Gabinetto, per avere assunto di propria volontà una iniziativa contraria agli interessi del pubblico erario, prima adottando la determinazione 29.12.2000, n. 614; poi impegnando contrattualmente il comune con la "lettera d'ordine" del 29.12.2000, di affidamento dell'incarico alla Postel S.p.A. per la spedizione della lettera; infine, liquidando la fattura emessa dalla società, n. 02/100072 del 1.3.2001 S.N., Direttore pro-tempore del dipartimento I, che, pur avendo subito avuto conoscenza dell'iniziativa del Capo di Gabinetto e dei suoi riflessi finanziari sul bilancio comunale, non solo non avrebbe esercitato le proprie competenze per impedirla o, almeno, per chiedere delucidazioni e così puntualizzare le diverse responsabilità, ma l'avrebbe di fatto favorita F.A., Dirigente pro-tempore della IX u.o. di Ragioneria, che ha apposto il proprio "visto per la regolarità contabile e la copertura finanziaria" alla ripetuta determinazione dirigenziale n. 614/2000, oltre ad aver consentito l'ulteriore corso anche dei mandati di pagamento in favore della Postel S.p.A., per il pagamento della citata fattura, in asserita violazione dei suoi doveri così come previsti nell'art. 54 del Regolamento di contabilità del comune, approvato con deliberazione consiliare n. 4 del 25.1.1996, il quale impone al Dirigente della competente Unità Organizzativa di accertare, fra l'altro "… la giusta imputazione della spesa, in bilancio…", compito che per l'accusa non potrebbe consistere nella mera verifica della formale corrispondenza tra il tipo di prestazione che origina la spesa e il fondo cui viene imputata.

Sono pervenute le deduzioni del dr. F. (che è stato anche sentito personalmente), della dr.ssa N., assistita dall'avv. Luigi Medugno e della dr.ssa A., assistita dall'avv. Annalisa Lauteri, nonché successivamente una nota da parte dell'ex sindaco. Le deduzioni presentate sono state ritenute dalla Procura inidonee a superare i motivi di addebito; è stato dunque notificato a tutti e quattro gli interessati il relativo atto di citazione, emesso in data 25.7.2002. In particolare, assume l'organo requirente che l'art. 1, commi 4 e 5 della legge 7.6.2000, n. 150 (concernente la disciplina delle attività di informazione e di comunicazione delle pubbliche amministrazioni) - norma richiamata dalla difesa dei convenuti in sede istruttoria - individua la platea dei soggetti cui va rivolta l'attività di "informazione e di comunicazione istituzionale" (ai mezzi di comunicazione di massa, ai cittadini e alla collettività, all'interno delle stesse amministrazioni) e reca un puntuale elenco degli obiettivi cui devono tendere quelle attività informative: obiettivi quali il favorire la conoscenza delle disposizioni normative; illustrare il funzionamento e l'attività delle istituzioni; promuovere la conoscenza e l'accesso ai servizi pubblici, nonché la più larga e approfondita conoscenza di temi di rilevante interesse pubblico e sociale; favorire i processi di semplificazione delle procedure e di modernizzazione degli apparati, oltre a far conoscere l'avvio e il percorso dei procedimenti amministrativi; promuovere l'immagine delle amministrazioni e dell'Italia nel mondo.

Il contenuto e lo stesso spirito della lettera del 9.1.2000 ai cittadini romani, non avrebbe - secondo l'accusa - elementi tali da farlo rientrare nelle previsioni di legge, cioè in quelle attività di informazione e di comunicazione istituzionale identificate con chiarezza dalla legge medesima: non rivestirebbero la natura istituzionale di cui all'art. 1, comma 5, L. n. 150/2000, né la comunicazione della avvenuta consegna delle dimissioni da sindaco, né il ringraziamento ai cittadini per la fiducia accertata, né l'esprimere un giudizio su una certa opera pubblica, ovvero l'affermazione di avere arginato la corruzione, risanato i conti del comune, cercato nuovi posti di lavoro, ecc. Tratterebbesi, invece, di un contenuto proiettato in un'ottica elettoralistica, collocabile, ad esempio, in una trasmissione di dibattito televisivo, slegato dall'esercizio di funzioni pubblicistiche, quali quelle sottese al mandato di sindaco e viste alla luce della ripetuta legge n. 150/2000. Neppure potrebbe accogliersi la tesi, comune ai drr. N., A. e F., di essere esenti da responsabilità in quanto, da un lato, in ogni fase di esercizio dalle diverse competenze (accettazione dell'offerta visto di congruità, stanziamento dei fondi, pagamenti, ecc.), nessuno di loro sarebbe stato a conoscenza del testo della lettera; dall'altro lato, perchè l'esercizio di quelle stesse competenze era atto dovuto ovvero compito di mera veicolazione della missiva: ritiene infatti il PM che il Capo di Gabinetto del sindaco, il capo di Dipartimento, il Direttore di una Unità Organizzativa non sono preposti allo svolgimento di compiti meramente esecutivi di decisioni assunta dagli organi di direzioni politica, in un regime, come l'attuale, di separazione dei compiti e della responsabilità di direzione politica dai compiti e della responsabilità di direzione politica dai compiti e responsabilità di direzione gestionale. I predetti funzionari, titolari di funzioni dirigenziali, sono i primi responsabili dell'andamento degli uffici cui sono preposti, oltre che autonomi rispetto alla sfera di indirizzo politica (d.lvo n. 29/1993 e succ. mod.; ora, d.lvo n. 165/2001), con autonomi poteri di spesa e di organizzazione delle risorse. Gli stessi dirigenti, perciò, non dovevano (sempre per il PM) ignorare la legge n. 150/2000, criterio di raffronto per accertare che le proprie attività, in attuazione della decisione del sindaco, fossero conformi agli obiettivi di informazione e comunicazione previsti dalla legge stessa.

In particolare, ai sensi dell'art. 54 del Regolamento di contabilità del comune di Roma, l'apposizione del visto per la regolarità contabile e la copertura finanziaria da parte del Dirigente della u.o. di Ragioneria non può ridursi ad una mera operazione di raffronto aritmetico, svincolato dalla natura della prestazione i cui costi vengono fatti gravare sul bilancio del comune e dal dettato proprio della normativa che ha introdotto e disciplinato le attività di informazione e di comunicazione istituzionale; pertanto, allorché - come ad avviso della Procura è accaduto nel caso di specie - vi sia un netto scostamento fra l'obiettivo propostosi dalla normativa e la natura della prestazione che grava sulle pubbliche finanze, è precipuo dovere del dirigente evidenziare alle superiori istanze tale circostanza. Né le risoluzioni 19 aprile e 25 luglio 2001 dell'Autorità garante per la protezione dei dati personali, richiamate in sede di controdeduzioni dal dr. F. a testimonianza della "ravvisata legittimità delle iniziative del sindaco uscente", sono state ritenute dalla Procura idonee a sostenere l'affermazione della difesa. In particolare, la risoluzione 19.4.2001, occasionata da una segnalazione di cittadini che chiedevano al Garante di verificare se l'inoltro della lettera in questione fosse "avvenuto nel rispetto della normativa in materia di trattamento dei dati personali", afferma nelle sue premesse che "la voluta personalizzare delle funzioni dei sindaci ha avuto come conseguenza anche una forte personalizzazione delle loro comunicazioni", risultando così difficile tracciare "con nettezza il confine tra comunicazione istituzionale e non istituzionale"; il Garante auspica perciò un "chiarimento legislativo, che dovrebbe riguardare una più precisa definizione nell'ambito delle comunicazioni previste dalla legge n. 150/2000". Ciò fra l'altro premesso, il Garante ritiene che, per quanto riguarda e le sue "specifiche competenze", non sia possibile escludere la riconducibilità della lettera in questione all'attività di informazione e di comunicazione delle pubbliche amministrazioni".

Il PM afferma nell'atto di citazione di non condividere la considerazione del Garante circa la labilità di cui soffrirebbe la legge n. 150/2000 nell'individuare il confine tra comunicazione "istituzionale" e "non istituzionale", per cui si evidenzierebbe "un problema di chiarimento legislativo": l'art. 1 della legge n. 150/2000 reca un testo molto chiaro nell'individuare sia i soggetti coinvolti dall'attività di informazione e di comunicazione istituzionale sia gli obiettivi cui detta attività deve tendere; la stessa tendenza dei sindaci a personalizzare le loro funzioni, rilevata sempre dal Garante, non trova per l'accusa giustificazioni nella legge (come sembrerebbe ammettere lo stesso Garante) ed è dunque illegittima, ovvero provoca decisioni illegittime, non ammissibili considerato che l'attività si realizza con le finanze pubbliche. Sempre ad avviso della Procura attrice, si deve inoltre osservare che, nel caso almeno del comune di Roma, la comunicazione ai cittadini di una lettera simile a quella datata 9.1.2000 non trova precedenti nella vita di questa amministrazione locale, secondo quanto fatto presente dal Collegio dei revisori nella sua segnalazione n. CO/045 del 31.7.2000. Sussistono allora, per l'organo requirente, tutti gli elementi per l'imputazione di responsabilità: vale a dire, un danno individuato in lire 598.220.691, risultante dalla sottrazione della voce IVA (lire 52.937.465) dalla somma complessiva di lire 651.158.156 di cui alla ripetuta determinazione n. 614 del 29 dicembre 2000; sussiste poi l'evento lesivo, che si è concretato nell'adozione dell'iniziativa al pagamento della fattura in data 1.3.2001, n. 0201/100072 emessa dalla Postel S.P.A., per un'iniziativa avente contenuto estraneo alle finalità istituzionali dell'ente locale, ovvero estraneo agli obiettivi di cui alla legge n. 150/2000, comportante oneri riversati sul bilancio comunale. Pure sussistono il rapporto di servizio e di impiego con la pubblica amministrazione e il rapporto causale tra i comportamenti descritti in narrativa e l'evento lesivo. Infine, i comportamenti causativi del danno, sarebbero connotati da grave colpevolezza, per la diffusa inosservanza dei doveri di diligenza e di prudenza nell'uso delle risorse pubbliche cui sono tenuti i soggetti in rapporto d'impiego o di servizio con la pubblica amministrazione, specie se a capo della stessa e degli uffici di gestione. Tutti i soggetti coinvolti hanno fatto pervenire memoria difensive, in larga misura corrispondenti a quanto già rappresentato in sede di invito a dedurre e che contestano totalmente gli addebiti formulati a loro carico nell'atto di citazione.

L'on. Rutelli ha depositato memoria in data 31.1.2003, con il patrocinio dell'avv. Giovanni Pellegrino. In via preliminare, il convenuto eccepisce l'inammissibilità della domanda attorea, in quanto volta a sindacare nel merito una scelta amministrativa discrezionale (come, appunto, quella di inviare una nota di comunicazione istituzionale ai cittadini); evenienza esclusa dal disposto dell'art. 1, primo comma, della legge n. 20/1994 e succ. mod.; la possibile valutazione da parte di questo Giudice sulla compatibilità di scelte discrezionali con i fini propri dell'ente pubblico, afferma in proposito la difesa, non può andare al di là del rilievo dei profili di manifesta illogicità e incongruenza, dell'assoluta estraneità dei mezzi rispetto ai fini, ma non anche all'articolazione concreta delle scelte adottate: e l'iniziativa assunta nella specie non potrebbe ritenersi costituire un esercizio abnorme o irrazionale del potere comunicativo previsto dalla legge n. 150/2000. Nel merito, la richiesta attorea è comunque ritenuta infondata: nella lettera contestata, difatti, il sindaco comunicava un evento di indubbia e rilevante portata istituzionale (le sue dimissioni), che, ai sensi delle vigenti norme elettorali, comporta conseguenze immediate sulla cittadinanza (la necessità di tornare alle urne per l'elezione del successore). In ogni caso, anche a voler ritenere l'illegittimità dell'iniziativa in esame, non potrebbe qui ricorrere il requisito essenziale della colpa grave, in presenza delle obiettive difficoltà interpretative della normativa sulla comunicazione istituzionale, in punto di tipologia delle notizie oggetto delle relative iniziative dei pubblici amministratori (difficoltà testimoniata dalle risoluzioni del 19 aprile e 25 luglio 2001 dell'Autorità Garante per la protezione dei dati personali).

Il dr. F., con memoria del 24.6.2003 dell'avv. Ottavio Marotta nega, innanzitutto, di aver partecipato alla formazione del contenuto della lettera. La stessa determinazione n. 614/2000 costituisce, a suo dire, l'espressione di una doverosa attività vincolata, conseguente rispetto alla superiore decisione di inviare alla cittadinanza la nota del 9 gennaio 2001"; peraltro, nel provvedimento n. 614/2000 non vi è riferimento alcuno all'iniziativa in parola del sindaco pro-tempore, né ovviamente al relativo contenuto della successiva lettera: circostanza che confermerebbe dunque la oggettiva estraneità del responsabile dell'Ufficio di Gabinetto rispetto ai fatti contestati. Richiama, infine, la specifica competenza di controllo di verifica, sulla determinazione n. 614/200, della Ragioneria generale, che nel caso ha puntualmente e positivamente espresso l'avviso di competenza. Ha richiamato ancora, in punto di legittimità dell'iniziativa contestata, le risoluzioni adottate in data 19 aprile 2001 e in data 25 luglio 2001 dall'Autorità Garante per la protezione dei dati personali, concernenti la ravvisata legittimità delle iniziative del sindaco.

La dr.ssa N., assistita dall'avv. Luigi Medugno, ha depositato memoria difensiva in data 20 giugno 2003. Ha dedotto l'interessata che le predisposizioni dell'offerta della Postel S.p.A., dell'approvazione del preventivo di spesa e della determinazione dirigenziale di stanziamento dei fondi, sono intervenute senza che i loro rispettivi autori fossero a conoscenza del contenuto del messaggio di commiato che il capo dell'Amministrazione comunale si accingeva ad inviare alla cittadinanza romana, tanto è vero che il testo della lettera risulta compilato il 9 gennaio 2001. Peraltro, ai fini della verifica di congruità dell'offerta era irrilevante la conoscenza del testo del messaggio, essendo sufficiente la cognizione di elementi informativi estrinseci (veste grafica del messaggio, numero dei fogli e simili). Il responsabile del Dipartimento I è infatti chiamato a svolgere compiti di mera veicolazione del messaggio; né, come ipotizzato dal PM, era possibile una sorta di intervento censorio, idoneo ad impedire la diffusione del messaggio così come liberamente concepito ed elaborato dal suo autore. Comunque, prosegue la convenuta, lo stesso impianto accusatorio della Procura attrice comporterebbe l'inevitabile difetto di giurisdizione di questa Corte dei conti nella fattispecie, poiché verrebbe qui censurata un'iniziativa del sindaco costituente atto a valenza politica, rispetto al quale non è ammesso il sindacato del Giudice contabile. Infine, per la difesa la missiva si inseriva perfettamente nel novero delle iniziative rientranti nell'ambito dell'attività di informazione e di comunicazione istituzionale, in piena coerenza con quanto disposto dalla legge n. 150 del 7 giugno 2000; il che farebbe in ogni caso venire meno ogni ipotesi di colpa grave da parte dei convenuti.

La dr.ssa A. (avv. Annalisa Lauteri), con memoria del 19.6.2003, ha formulato osservazioni in vari punti simili a quelle degli altri due funzionari (sostanziale legittimità dell'iniziativa adottata; insindacabilità nel merito delle scelte compiute nell'occasione; doverosa, mancata conoscenza, da parte di funzionari, del testo della lettera in questione). Si è inoltre riferita alle competenze demandate al Dirigente della IX u.o. di Ragioneria, riprendendo dall'art. 54 del Regolamento di contabilità richiamato dalla Procura, ed affermando in proposito che il controllo della Ragioneria si risolve esclusivamente nel verificare che, per l'impegno di spesa disposto dalle competenti autorità con la relativa determinazione, esista una corrispondente ed ancora capiente posta di bilancio e che l'imputazione avvenga correttamente: la tipologia di controllo esercitato dal suo Ufficio è denominato infatti "per la regolarità contabile e la copertura finanziaria". All'udienza dibattimentale odierna, ha preso per primo la parola il P.M., il quale ha ribadito che la lettera in questione non può ritenersi riconducibile alle comunicazioni istituzionali di cui alla legge 150/2000, per cui resta ferma la sua richiesta di condanna. Per ciò che riguarda in particolare i dirigenti, essi avrebbero dovuto almeno provvedere a segnalare all'organo politico l'illiceità dell'operazione, per cui anche la loro corresponsabilità è evidente. Insiste nella richiesta.

Prende poi la parola l'avv. Pellegrino per il convenuto on. Rutelli, opponendosi alle conclusioni di parte attrice. Ritiene il difensore che il "nodo" della vicenda si trovi alle pagg. 22/23 della citazione, laddove è riportato il testo della deliberazione del Garante della privacy, le cui conclusioni il P.M. contesta, ritenendo che la "personalizzazione" delle funzioni del sindaco, a seguito della riforma delle norme sulle autonomie locali sarebbe illegittima, nel momento in cui ciò reca oneri impropri per l'ente. In realtà, prosegue l'avvocato Pellegrino, la personalizzazione delle funzioni del sindaco è voluta dalla legge; per cui essa comporta uno speciale "rapporto di mandato" con gli elettori, con conseguente dovere del sindaco stesso di comunicare con i cittadini, per rendere conto del suo operato. Non si può dunque parlare di comunicazione illegittima per la lettera del 9.1.2000. Il sindaco R. ha sempre tenuto al corrente i cittadini delle sue iniziative; era quindi tenuto ad informarli nel momento in cui si dimetteva da tale carica: si tratta in questo caso di comunicazione istituzionale e non politica. Tutto ciò fa parte della logica "presidenzialista" nell'assetto degli ee.ll.(enti locali, ndr), che è stata voluta espressamente dal Legislatore e che deve essere tenuta presente nella fattispecie. In tale ottica, la lettera del sindaco è inquadrabile pienamente nelle previsioni della legge 150/2000 sulla comunicazione istituzionale (art. 1): si informava che veniva meno l'amministrazione comunale, che sarebbe stato necessario tornare a votare; era poi opportuno (anzi, doveroso) spiegare ai cittadini perché si interrompeva il mandato del sindaco.

L'avv. Medugno (per la dr.ssa N.) eccepisce, in primo luogo, la carenza di giurisdizione di questo Giudice: in particolare, è evidenziata l'impossibilità di un sindacato della Corte dei conti sul merito del messaggio (che poi è l'unico modo per potersi pronunziare sul suo carattere istituzionale, o meno). A maggior ragione, peraltro, tale merito non poteva essere sindacato dai funzionari i quali neppure conoscevano il contenuto della lettera, né erano tenuti a conoscerlo; la dott.ssa N., in particolare, era tenuta solo a verificare gli aspetti tecnici della vicenda. Chiede, dunque, il rigetto della domanda avversa. Fa poi presente che lo stesso Presidente della provincia di Roma appena cessato dalla carica è ricorso allo stesso tipo di comunicazione ai cittadini, in vista delle scorse elezioni, avendo preparato un filmato che è stato trasmesso nei cinema romani durante gli intervalli delle proiezioni. Deposita, a dimostrazione di ciò, una videocassetta con il relativo audiovisivo e chiede che sia acquisita agli atti. Il PM non si oppone. L'avv. Marotta (per il dr. F.) ugualmente respinge gli addebiti. In particolare, richiama l'importanza della data di adozione della delibera 614/2000 e della lettera per cui è causa, che è successiva: il dr. F. non poteva dunque conoscerne il contenuto, per vagliare la sua riconducibilità ai fini istituzionali. Allo stesso modo, l'avv. Lauteri, difensore della dr.ssa A., evidenzia che le uniche attribuzioni del dirigente responsabile della ragioneria sono di natura contabile, e non attengono certo al merito delle attività posta in essere da altri.

DIRITTO

1. L'odierno giudizio di responsabilità trae origine dall'avvenuta spedizione, nel gennaio 2001, a n. 1.260.420 capi famiglia romani, di una lettera da parte del sindaco di Roma, nella quale lo stesso primo cittadino annunciava le proprie dimissioni dalla carica (in vista della partecipazione alla campagna elettorale nazionale), ringraziava i concittadini per la fiducia accordatagli, elencava alcune delle iniziative realizzate dall'amministrazione da lui diretta. La spedizione faceva seguito alla determinazione dirigenziale n. 614 del 29 dicembre 2000, a firma del Capo di Gabinetto del sindaco, con la quale erano integrate le disponibilità di bilancio, previsto che il servizio fosse realizzato a mezzo Postel S.p.A. e disposto, infine, che la spesa complessiva (lire 615.158.156 comprensive di IVA al 20%), gravasse sul bilancio comunale per il 2000.

Sostiene il PM che il contenuto della lettera si rivela privo di ogni requisito che consentisse di ricomprenderne la trasmissione tra le finalità del comune di Roma, così da giustificarsi l'avvenuta imputazione della relativa spesa a carico del bilancio dell'ente locale; la vicenda concreterebbe allora un evento lesivo per le finanze del comune di Roma, di importo pari al costo di spedizione della lettera (detratta l'IVA). Di detto danno sarebbero responsabili i convenuti; in particolare, il sindaco pro-tempore, per avere impresso il primo e determinante impulso alla iniziativa di spesa; il Capo di Gabinetto, per avere assunto di propria volontà una iniziativa contraria agli interessi del pubblico erario (prima adottando la determinazione 29.12.2000, n. 614, poi impegnando contrattualmente il comune con la Postel S.p.A.); la dr.ssa N., direttore pro-tempore del dipartimento I, per non avere impedito il corso dell'iniziativa; infine, la dirigente pro-tempore della IX u.o. di Ragioneria, per avere apposto il proprio "visto per la regolarità contabile e la copertura finanziaria" alla ripetuta determinazione dirigenziale n. 614/2000, oltre ad aver consentito l'ulteriore corso dei mandati di pagamento in favore della Postel S.p.A.

Prima di procedere all'esame dei punti in contestazione, come sopra riassunti, appare non inutile rammentare che le norme positive (art. 82 e segg. R.D. n. 2440/1923 - Legge di contabilità generale dello Stato; art. 1 e segg. L. 14 gennaio 1994, n. 20) richiedono la necessaria compresenza di più elementi per l'esistenza della responsabilità amministrativa a carico di un soggetto; i suddetti elementi essenziali vanno, come noto, identificati, oltre al rapporto di servizio con l'ente pubblico (la cui sussistenza qui non è ovviamente posta in discussione per alcuno dei convenuti), nella condotta antigiuridica da parte dell'agente, nel danno (evento), nell'elemento soggettivo (dolo o colpa grave) ed infine nel nesso di causalità tra l'azione e l'evento.

2. Ciò posto, e seguendo l'ordine logico delle problematiche da dirimere, occorre scrutinare, con priorità rispetto alle altre, l'eccezione - proposta dalla difesa dell'ex sindaco, ma anche da altri convenuti - relativa al preteso difetto di giurisdizione di questa Corte dei conti nella fattispecie, a causa della insindacabilità, nel merito, dell'attività posta in essere nella fattispecie (e della cui correttezza dubita appunto la pubblica accusa): insindacabilità che deriverebbe dal disposto dell'articolo 1, comma 1, della legge n. 20 del 1994 - come modificato dal decreto legge 23 ottobre 1996, n. 543 convertito con la legge 20 dicembre 1996, n. 639 - il quale prevede espressamente che "… la responsabilità dei soggetti sottoposti alla giurisdizione della Corte dei conti in materia di contabilità pubblica è personale e limitata agli atti ed alle omissioni commesse con dolo o colpa grave, ferma restando l'insindacabilità nel merito delle scelte discrezionali".

2.1. Sul punto, occorre precisare che la disposizione del 1996, su riportata, in realtà non modifica i principi giurisprudenziali già in precedenza consolidatisi in tema di sindacato di questo Giudice sull'attività discrezionale della pubblica amministrazione (tra l'altro, lo stesso tenore letterale della norma vale ad escludere una specifica volontà innovativa da parte del Legislatore "… ferma restando l'insidacabilità …"): princìpi secondo i quali al Giudice della responsabilità amministrativa è precluso ogni apprezzamento che investa le valutazioni di convenienza e di opportunità compiute dall'autorità deliberante, essendo vietata ogni ingerenza nell'attività di ponderazione comparata degli interessi, mentre viceversa è consentito - e anzi connaturato alla tipologia di giudizio - il vaglio dell'attività discrezionale degli amministratori, con riferimento alla rispondenza della stessa a criteri di razionalità e congruità rilevabili dalla comune esperienza amministrativa, al fine di stabilire se la scelta risponda a quei criteri di prudente apprezzamento cui deve sempre ispirarsi l'azione dei pubblici apparati: Corte dei conti, Sezione Emilia-Romagna, n. 747 del 1 ottobre 1999. L'insindacabilità delle scelte amministrative, di cui alla norma appena ricordata, non esclude cioè la verifica giudiziale sul corretto esercizio del potere discrezionale stesso; verifica che si avvale di parametri esterni (quali la competenza, il termine e la materia) ed interni (rapporto fra fine istituzionale e fine concreto; congruità e proporzionalità delle scelte; princìpi di razionalità, imparzialità e buona amministrazione): Corte dei conti, Sezione II^ app., n. 162 del 27 maggio 1999. La nuova disposizione, in altri termini, riafferma più semplicemente la necessità - già comunque tenuta ben presente dalla giurisprudenza - di distinguere tra merito dell'azione amministrativa (in ordine al quale non è ammissibile il sindacato del giudice) e conformità di tale azione ai canoni generali su ricordati. Né, per altri versi - contrariamente a quanto ritenuto dai convenuti - potrebbe ritenersi attentare all'autonomia degli enti locali, costituzionalmente garantita (artt. 114 e segg., nuovo testo, Cost.) o invasiva del merito delle scelte discrezionali, la verifica, da parte del Giudice, se nel caso concreto una data iniziativa sia informata ai princìpi generali cui tali scelte si debbono attenere: la discrezionalità amministrativa, per quanto ampia possa essere, non può non incontrare limiti invalicabili, costituiti dall'interesse pubblico per il quale il relativo potere è assegnato alla p.a., oltre che dai su riferiti precetti di razionalità ed imparzialità; diversamente opinando, essa si risolverebbe infatti nell'illimitato arbitrio del potere pubblico e conseguente sua assoluta irresponsabilità.

2.2. Orbene, applicando i canoni su evidenziati, emerge chiaramente che nel caso in esame l'eccezione prospettata si appalesa priva di pregio e deve essere rigettata. Questo Collegio, infatti, viene chiamato oggi a valutare il comportamento del sindaco e dei funzionari convenuti, in relazione all'esercizio dell'attività di comunicazione istituzionale, come espressamente disciplinata dalle norme della legge 7 giugno 2000, n. 150, tenendo anche conto delle caratteristiche e dei compiti dell'amministrazione interessata. Non si tratta, allora, di sindacare il merito di una scelta compiuta, bensì di fare chiarezza sulla sussistenza, o meno, delle condizioni cui è subordinato l'esercizio legittimo e lecito del potere di scelta in quella materia; occorre cioè accertare se i soggetti agenti abbiano tenuto conto, o meno, delle prescrizioni di legge e se siano stati rispettati il principio di ragionevolezza e quelli della economicità e del buon andamento dell'azione amministrativa, costituzionalmente garantiti anch'essi (artt. 95 e 97 Cost.): cfr. ex plurimis, per analoghe evenienze, Corte dei conti, Sezione giurisdizionale Campania, sentenza n. 29 del 23 aprile 1998; SS.RR., n. 4 del 1 marzo 1999; Sezione III^ app., n. 123 dell'8 giugno 1999; Sezione Friuli - Venezia Giulia, n. 4 del 17 gennaio 2000; Sezione Sardegna, n. 121 del 4 febbraio 2000; Sezione II^ app., n. 216 del 19 giugno 2001.

3. Possono dunque essere esaminate, nel merito, le contestazioni mosse dal requirente all'operato dei convenuti e poste all'attenzione di questa Corte. Il PM, in sostanza, afferma la sicura contrarietà dell'iniziativa assunta dall'allora sindaco di Roma e realizzata dagli uffici diretti dagli altri tre convenuti, alle norme della legge n. 150/2000 sulla comunicazione istituzionale (donde, l'illiceità dei conseguenti comportamenti, il conseguente danno alle pubbliche finanze, nonchè la colpa grave per avere violato norme di legge di non ardua interpretazione). Le prospettazioni di parte attrice non possono essere condivise. La legge 7 giugno 2000, n. 150 ("Disciplina delle attività di informazione e di comunicazione delle pubbliche amministrazioni") dispone, all'art. 1, commi 4 e 5, che "Nel rispetto delle norme vigenti in tema di segreto di Stato, di segreto d'ufficio, di tutela della riservatezza dei dati personali e in conformità ai comportamenti richiesti dalle carte deontologiche, sono considerate attività di informazione e di comunicazione istituzionale quelle poste in essere in Italia o all'estero dai soggetti di cui al comma 2 (cioè le pp.aa. di cui al D.Lvo n. 29/1993) e volte a conseguire:

a) l'informazione ai mezzi di comunicazione di massa, attraverso stampa, audiovisivi e strumenti telematici;

b) la comunicazione esterna rivolta ai cittadini, alle collettività e ad altri enti attraverso ogni modalità tecnica ed organizzativa;

c) la comunicazione interna realizzata nell'ambito di ciascun ente (comma 4).

Le attività di informazione e di comunicazione sono, in particolare, finalizzate a:

a) illustrare e favorire la conoscenza delle disposizioni normative, al fine di facilitarne l'applicazione;

b) illustrare le attività delle istituzioni e il loro funzionamento;

c) favorire l'accesso ai servizi pubblici, promovendone la conoscenza;

d) promuovere conoscenze allargate e approfondite su temi di rilevante interesse pubblico e sociale;

e) favorire processi interni di semplificazione delle procedure e di modernizzazione degli apparati nonchè la conoscenza dell'avvio e del percorso dei procedimenti amministrativi;

f) promuovere l'immagine delle amministrazioni, nonchè quella dell'Italia, in Europa e nel mondo, conferendo conoscenza e visibilità ad eventi d'importanza locale, regionale, nazionale ed internazionale (comma 5)".

Orbene, la lettera inviata dal sindaco ai cittadini (si ripete) contiene in primo luogo l'annuncio delle appena avvenute dimissioni dello stesso primo cittadino, oltre al ringraziamento ai concittadini per la fiducia accordatagli e all'elencazione di alcune delle cose realizzate dall'amministrazione capitolina negli anni del mandato; la nota termina con alcune espressioni di carattere più personale. Orbene, ritiene questo Collegio che, almeno sotto uno dei profili accennati, possano essere riscontrati gli elementi propri della comunicazione istituzionale, disciplinati dalla norma innanzi riportata (in particolare, il comma 5, lett. "b" - "e"); vale a dire, per ciò che riguarda l'informazione relativa alle dimissioni dalla carica di sindaco. Essa infatti, specie per un comune di enormi dimensioni come la Capitale, rappresenta una notizia di primario rilievo per la vita dell'amministrazione locale e per le stesse conseguenze che determina in capo ai cittadini elettori (cioè la totalità dei destinatari della missiva): come giustamente posto in rilievo dalla difesa, le vigenti norme elettorali (art. 53 del D.Lvo 18.8.2000, n. 267; già legge n. 81/1993) ricollegano alle dimissioni del sindaco, l'immediato venir meno dello stesso Consiglio comunale, con conseguente necessità di nuove elezioni: elezioni che peraltro, nel caso di Roma, interessano un numero di cittadini pari al 75% del totale degli abitanti della regione. Di fronte a tale circostanza, appare difficile sostenere che la notizia in questione non rivestisse i caratteri della comunicazione istituzionale, come prevista dalla legge n. 150/2000, giacché (appunto) informava i romani circa le prossime, imminenti elezioni comunali anticipate.

Anche per quel che riguarda altri, successivi aspetti toccati dalla lettera, ad avviso di questo Giudice è ugualmente possibile parlare di legittima comunicazione istituzionale (tale, quindi, da giustificare l'utilizzo dei relativi fondi pubblici). Ci si riferisce, in particolare, alle notizie circa i risultati raggiunti dall'amministrazione, alle cose realizzate, ai successi (asseritamente) ottenuti: in tali casi, ugualmente si resta nell'ambito del dialogo istituzionale circa lo stato di attuazione del programma di governo, sulla base del quale il capo dell'amministrazione locale ha ottenuto la propria elezione. La correttezza delle valutazioni e conclusioni appena esposte può ritenersi sostanzialmente confermata da quanto espresso in proposito dal Garante per la protezione dei dati personali, nella risoluzione del 19 aprile 2001 (citata dai convenuti), la quale non esclude la riconducibilità della lettera all'attività di informazione e comunicazione delle pp.aa..

Oltre a ciò, una ulteriore conferma, seppure successiva alla vicenda per cui è causa, può rinvenirsi nel testo della direttiva ministeriale emanata in materia dal Ministro della funzione pubblica in data 7 febbraio 2002: essa infatti chiarisce, nelle sue premesse, che "… La riforma della pubblica amministrazione, il federalismo e il rafforzamento dei livelli locali di governo, l'attuazione del principio di sussidiarietà e il conseguente nuovo orizzonte delle missioni delle amministrazioni, possono realizzarsi solo con il pieno consenso dei cittadini e delle imprese, degli operatori del settore pubblico, da coinvolgere attraverso opportuni ed adeguati processi di relazione e comunicazione"; per cui, tra gli obiettivi dell'attività di comunicazione degli enti pubblici istituzionali, è previsto come primario quello di "… garantire un'informazione trasparente ed esauriente sul loro operato".

Per altri aspetti, invece - quelli relativi ai saluti, alle espressioni personali di soddisfazione o di amarezza - contenuti negli ultimi capoversi della missiva, si è sicuramente fuori del quadro delle comunicazioni previste alla legge 150/2000: per ciò solo, peraltro, non si può ritenere la radicale illiceità dell'iniziativa, ma soltanto l'esorbitanza di tale parte del testo dai limiti fissati dalla legge. In ogni caso, deve d'altra parte rilevarsi che le frasi in questione non costituiscono fonte autonoma di spesa, in quanto la lettera è interamente contenuta nell'ambito di una facciata, talché, anche se le frasi stesse non fossero state inserite, il costo della stampa della lettera e relativa spedizione sarebbe rimasto invariato; nella specie, non è allora ravvisabile quel danno patrimoniale che - come prima ricordato - è uno dei presupposti essenziali della responsabilità amministrativa. Per concludere sul punto, sembra al Collegio che in un tale quadro, se anche non si ritenga di affermare la piena e completa legittimità della decisione assunta, almeno è da escludere la sua totale e incontestabile illegittimità, come lamentata dalla Procura attrice.

4. Ma v'è di più. Ed infatti, anche a prescindere dalle su esposte considerazioni, e continuando a ritenere - come fa il PM procedente - la sicura illegittimità dell'iniziativa posta in essere dai convenuti nella fattispecie, ugualmente dovrebbe pervenirsi ad un giudizio assolutorio, per il venir meno di un altro degli elementi essenziali, prima ricordati, caratterizzanti la responsabilità amministrativa, vale a dire l'elemento soggettivo della colpa grave.

4.1. In proposito, le vigenti disposizioni di legge (art. 1 L. n. 20/1994, cit., come sostituito dalla L. n. 639/1996) indicano come requisito soggettivo minimo, atto ad integrare gli estremi per la responsabilità amministrativa, la colpa grave. In precedenza, era invece sufficiente, per fondare l'azione innanzi a questa Corte dei conti, la colpa lieve, identificata dalla giurisprudenza della Corte stessa nella mancanza di una diligenza media da parte dell'agente (cfr. SS.RR., 1° giugno 1987, n. 542/A); solo in talune specifiche ipotesi la responsabilità era attenuata, essendo richiesta ai fini dell'azionabilità la colpa grave: es., art. 1 L. 31 dicembre 1962, n. 1833 per i dipendenti civili e militari addetti alla conduzione di autoveicoli o altri mezzi meccanici; L. 4 marzo 1981 n. 67, in materia di personale ferroviario addetto alla circolazione dei treni; art. 61 L. 7 novembre 1980, n. 312 per il personale direttivo della scuola, docente e non docente, in relazione a danni causati dagli alunni; art. 58, 3° comma, L. 8 giugno 1990 n. 142, per i componenti dei Co.Re.Co.. Dal momento che i concetti di colpa grave, lieve o lievissima non risultano codificati, l'individuazione delle singole fattispecie é stata demandata al prudente apprezzamento del giudice.

A tale proposito, al fine di circoscrivere i comportamenti colposi gravemente censurabili in relazione alle diverse fattispecie, un valido supporto è stato fornito all'interprete dalla giurisprudenza formatasi in quei settori, prima ricordati, nei quali il legislatore aveva ritenuto, fin dall'inizio, di limitare la sindacabilità dei comportamenti amministrativi alla colpa grave. Più in particolare, la Corte dei conti da tempo era pervenuta a ritenere che il requisito della colpa grave non risiedesse tanto in una mera violazione di norme comportamentali, quanto nella particolare imprudenza ed imperizia del comportamento tenuto in concreto (Sezione Emilia Romagna, n. 12 del 23 gennaio 1995; Sezione Lazio, n. 10 dell'8 marzo 1995; Sezione Toscana, n. 311 del 7 giugno 1996), tale che l'evento dannoso, sebbene non voluto, potesse dirsi prevedibile (Sezione I^ contab., n. 6 del 18 gennaio 1993; id., n. 136 del 18 novembre 1993).

La gravità della colpa, in altri termini, è stata individuata in comportamenti contrari a regole deontologiche elementari ovvero improntati alla massima negligenza o imprudenza, con particolare noncuranza dei pubblici interessi (Sezione Veneto, n. 266 del 16 novembre 1994; Sezione Lombardia, n. 391 del 5 maggio 1995; Sezione Sardegna, n. 436 del 27 luglio 1995). Tali criteri direttivi, ovviamente di larga massima e da adeguare caso per caso alla mutevole realtà operativa, sono comunque stati rispettati dalla giurisprudenza più recente: cfr., ex plurimis, Sezione giurisdizionale Lazio, n. 207 del 23 settembre 1997; Sezione I^ app., n. 211 del 26 settembre 1997; Sezione III^ app., n. 27 del 2 febbraio 2000; Sezione I^ app., n. 164 del 22 maggio 2002; id., n. 235 del 10 luglio 2002. 4.2. Ciò premesso, per quel che in questa sede interessa, non ritiene il Collegio che il comportamento complessivo dei convenuti, per quanto criticabile sotto il profilo della liceità dell'iniziativa intrapresa, integri gli estremi della colpa grave, come sopra delimitata (mancanza della minima diligenza nell'esplicazione dell'attività amministrativa di propria spettanza): ed è del tutto ovvio che questa Corte deve farsi carico della necessità di tenere conto, nell'esprimere il proprio giudizio, dei nuovi, più severi limiti fissati dalle norme del 1996, su citate, in ordine al contenuto minimo dell'elemento soggettivo necessario per l'addebitabilità di un danno erariale all'agente.

Nel caso di specie, contrariamente a quanto opinato dall'atto di citazione, tale limite ad avviso di questo Giudice non è stato raggiunto dai convenuti, i quali deve ritenersi abbiano agito, per quanto di rispettiva competenza, nella convinzione di operare legittimamente, in ossequio cioè delle recenti norme in tema di comunicazione istituzionale e di utilizzare adeguatamente e correttamente le risorse finanziarie disponibili. Non si potrebbe cioè parlare di comportamenti (sia pure) illeciti dei convenuti, posti in essere a dispetto della consapevolezza - o, quanto meno, di un fondato dubbio - circa la contrarietà di tali azioni con le prescrizioni di legge. Quanto sopra è dimostrato dagli stessi dubbi ed incertezze in punto di (il)legittimità della delibera che ha dato luogo alla spesa ritenuta dannosa: le stesse valutazioni espresse al riguardo dall'Autorità Garante per la protezione dei dati personali, come pure il testo della direttiva del 7 febbraio 2002 del Ministro per la funzione pubblica, prima ricordata, testimoniano infatti (sia pure ex post) che l'interpretazione "ampia" della legge n. 150/2000, patrocinata dal comune di Roma con riferimento alle prerogative degli organismi pubblici interessati, per quanto non del tutto ortodossa, potesse però apparire non infondata, almeno all'epoca in cui l'iniziativa censurata fu assunta (vale a dire appena sei mesi dopo l'entrata in vigore della legge stessa, quindi in assenza di precedenti significativi e di circolari esplicative).

Ed è proprio tale circostanza - cioè la sostanziale attendibilità di un'interpretazione, sia pure errata, delle norme che regolamentano una data attività amministrativa - che vale ad escludere, con sicurezza, ogni possibile ipotesi di colpa grave, intesa appunto dalla giurisprudenza costante di questa Corte dei conti, come volontà di agire (illecitamente) con protervia, nonostante le chiare e contrarie indicazioni circa la corretta interpretazione delle disposizioni vigenti in una data materia: cfr., in proposito, Corte dei conti, SS.RR., sentenza n. 23 del 21 maggio 1998; id., n. 5 del 3 marzo 1999 ("L'elemento della gravità della colpa può essere individuato nella volontà di ottenere il risultato progettato nonostante la presenza di avvertimenti o segnali contrari provenienti da altri organi, ovvero da regole preesistenti, determinate da chiari principi normativi o inequivoci indirizzi giurisprudenziali consolidati in senso sfavorevole alle iniziative da assumere"); Sezione I^ app., n. 47 del 23 febbraio 1998; Sezione II^ app., n. 80 del 5 marzo 1998 ("In presenza di tesi egualmente qualificata in ordine al significato ed alla portata di una norma non appare censurabile, sotto il profilo della colpa grave, il comportamento del pubblico amministratore che sia risultato conforme all'una piuttosto che all'altra delle due tesi"); Sezione III^ app., n. 158 del 10 giugno 1998; id., n. 269 del 9 ottobre 2001. Vedansi, inoltre, ex plurimis, Sezione giurisdizionale Toscana, n. 440 del 30 giugno 1998; id., n. 951 del 26 maggio 2000; Sezione Piemonte, n. 354 del 25 febbraio 1999; Sezione Friuli-Venezia Giulia, n. 14 del 2 febbraio 1999; infine, questa Sezione Lazio, n. 23 del 26 febbraio 1998 ("Nei casi di erronea applicazione di norme di difficile e controversa interpretazione non è ravvisabile la colpa del soggetto agente; tanto meno, quindi, in tali circostanze è ravvisabile la colpa grave"); id., n. 2541 del 19 settembre 2002. La fattispecie all'esame odierno, a tutta evidenza, si inquadra esattamente nello schema delle casistiche appena esaminate: è agevole, pertanto, pervenire alle medesime conclusioni.

In sostanza, per tutto quanto sopra esposto, in carenza del su detto elemento psicologico minimo della colpa grave, non sussistono sufficienti presupposti per accogliere la domanda attorea nei confronti dei convenuti.

5. Le su riferite conclusioni rendono indubbiamente superfluo l'esame delle ulteriori, specifiche eccezioni, formulate dai convenuti F., N. e A. in ordine ai profili di carattere più specificamente gestionale della vicenda odierna (relativi cioè alla corretta delimitazione di compiti, responsabilità e prerogative dei funzionari amministrativi nella fattispecie); profili che restano, dunque, assorbiti.

6. I convenuti, in definitiva, devono essere mandati assolti dalla richiesta di condanna della Procura regionale. Sussistono, peraltro, giusti motivi per la compensazione delle spese di causa tra le parti.

7. Il Collegio, infine, ai sensi dell'art. 53 del R.D. 12 luglio 1934, n. 1214 - in materia di obbligo di denunzia alla Procura di tutti i fatti potenzialmente lesivi per l'Erario - non può esimersi dal disporre la trasmissione, alla Procura regionale, della videocassetta depositata in udienza dall'avv. Medugno, in quanto il relativo contenuto - riguardante altra e diversa vicenda, rispetto a quella pervenuta all'esame odierno - potrebbe integrare gli estremi di una notitia damni meritevole di istruttoria da parte dell'Organo requirente: eventualità che la Sezione non può evidentemente stimare in questa sede, essendo l'azione contabile riservata all'esclusiva valutazione del Procuratore regionale competente per territorio (art. 1 L. n. 20/1994, cit.). Al su detto incombente provvederà la Segreteria di questa Sezione.

P.Q.M.

La Corte dei conti - Sezione giurisdizionale per la regione Lazio, ogni contraria istanza ed eccezione respinte, assolve i convenuti sigg.ri: Francesco Rutelli, M.F., S.N. e F.A., dalle domande di cui all'odierno atto di citazione del Procuratore regionale. Spese di giudizio compensate. Dispone, inoltre, che la videocassetta depositata dall'avv. Medugno nel corso dell'odierna udienza dibattimentale sia trasmessa, per quanto di eventuale competenza, alla Procura regionale presso questa Sezione giurisdizionale per il Lazio, a cura della Segreteria della Sezione. (...)