NOTIZIARIO del 28 ottobre 2003

 
     

IL GIUDICE DI PROVINCIA
di Elio Rindone

I politici di centrodestra in maniera compatta (a cui si sono uniti, per la verità con toni meno esasperati, non pochi rappresentanti del centrosinistra) non potevano lasciarsi sfuggire un'occasione così ghiotta per ergersi a difesa dell'identità cristiana del nostro Paese e scatenare la solita gazzarra contro la magistratura: come si permette un giudice di provincia di opporsi ad una legge dello Stato che impone l'esposizione del crocifisso nelle aule scolastiche?

Se prima di rendere pubblici i loro arroganti giudizi di condanna si fossero presi la briga di documentarsi, però, i nostri loquaci onorevoli avrebbero scoperto che col "nuovo Concordato" del 1984 è stato abolito l'articolo che proclamava religione di Stato quella cattolica.

E' stato così riconosciuto il carattere laico dello Stato italiano, carattere che è stato considerato dalla Corte costituzionale "principio supremo" della nostra Costituzione (sentenza 203/1989).

La Cassazione, perciò, ha dichiarato (sentenza della IV sezione penale 429/2000) che le vecchie disposizioni riguardanti l'esposizione del crocifisso nelle sedi statali contrastano con i principi costituzionali di laicità e di eguaglianza e ledono il diritto alla libertà di coscienza in materia religiosa.

La questione, quindi, era stata già affrontata da tempo dalle più alte magistrature ed era stata risolta in maniera coerente con la nostra Costituzione.

Se si passa poi dal punto di vista giuridico a quello religioso, c'è solo da rallegrarsi per l'ordinanza del Tribunale dell'Aquila, utile occasione per rinnovare la consapevolezza che il Vangelo interpella la coscienza di ogni uomo e non può essere ridotto a un'etichetta che caratterizza l'identità di un popolo.

Simbolo dell'identità italiana è la bandiera tricolore e non il crocifisso che, per i credenti, ha un ben preciso significato religioso e non dev'essere degradato a banale suppellettile, su cui si posano sguardi resi indifferenti dall'assuefazione.

Nelle circostanze che hanno dato luogo all'attuale polemica c'è da rammaricarsi, semmai, soltanto per il fatto che il problema del rispetto della laicità dello Stato non sia stato sollevato dagli stessi cattolici italiani.

La prevedibile reazione dei politici (sedicenti) liberal-democratici sembra dunque spiegabile solo con due motivazioni, non particolarmente nobili: compiacere l'elettorato cattolico più facilmente condizionato dai media e proseguire nell'opera di delegittimazione della magistratura.

Dai giudici ragazzini a quelli di provincia in cerca di notorietà: non è ormai assodato che i magistrati sono tutti inaffidabili, anzi, come è stato autorevolmente affermato, tutti matti?

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