NOTIZIARIO del 29 settembre 2003

 
     

Intervista a Carlo Taormina
di Claudio Sabelli Fioretti

Qualcuno lo definisce l’avvocato-prezzemolo, perché è dovunque. Nelle sue cause, in quelle degli altri, all’università, in Forza Italia, al governo, alla televisione. E in tutte le polemiche possibili. Carlo Taormina, antipatico a molti, temuto da tutti, è stato il difensore di Craxi, Muccioli, Andreotti, Priebke. Adesso è entrato a gamba tesa nel processo di Cogne provocando la rinuncia dell’altro difensore della signora Franzoni, l’avvocato Grosso. Non fa delle coerenza il suo mito. Previti e Forza Italia: a volte critiche pesanti, a volte grandi elogi. I giudici romani: a volte corrotti, a volte sereni. Cominciamo da Priebke.

Come ha fatto il figlio di un antifascista finito in galera per aver salvato decine di ebrei a difendere il nazista coinvolto nel massacro delle Forze Ardeatine? “Avevo la consapevolezza che si era trattato di un legittimo ordine di guerra”. Suo padre era a Regina Coeli nei giorni delle Fosse Ardeatine. “Di più. Sembra che mio padre fosse tra quelli destinati ad essere fucilati. Ma interferenze varie facevano in modo che qualcuno veniva salvato e qualcun altro moriva al posto suo”.

Perché era finito in galera? “Aveva nascosto 17 ebrei murandoli dentro a una stanza del suo studio. Li sterminarono, lì, sul luogo”. Perché lo faceva? “Per politica. Era diventato antifascista, dopo essere stato un dirigente autorevole del regime”. Avrebbe difeso Priebke se suo padre fosse stato tra i 320 uccisi delle Fosse Ardeatine? “Certamente no. Non sarei stato in grado di difendere una persona responsabile dell’uccisione di mio padre”.

L’hanno criticata anche quando difendeva i mafiosi. “Quest’idea di trasferire sull’avvocato la caratura di moralità del suo cliente è una cosa illiberale”. Lei rappresentava gli interessi dei mafiosi e contemporaneamente quelli dello Stato contro la mafia. “Le leggi dello Stato prevedono che il ministro sia incompatibile. Non il sottosegretario. Ci sarà un giorno che chi ha imbrattato la mia figura, dicendo che sono un avvocato mafioso, se lo rimangerà”. Cioè? “Violante è il mio obiettivo fisso. E vorrei dire…Anzi no…” Anzi sì. “Io ho ricevuto da molte parti. Anche da quelle che della corruttela fanno esercizio”. Non le piace l’idea di passare per l’avvocato della mafia… “Gli avvocati di mafia sono altri. Un avvocato che difende 40 mafiosi della stessa cosca,come talvolta accade, non difende i mafiosi ma difende la mafia”

Perché ha scelto di fare l’avvocato? “Avevo un fortissimo contrasto con mio padre che era un grande civilista. Per la pratica legale non andai nel suo studio ma in quello di Alfonso Cascone, un penalista napoletano molto legato alla sinistra extraparlamentare. Era l’epoca del maoismo. Io ero un fortissimo contestatore”. Per chi votava? “Fortemente a sinistra”. Pci? “Si. Poi socialista”. All’inizio ha fatto il giudice. “Per fare dispetto a mio padre. Ero di Magistratura Democratica. Ero amico di Ottorino Pesce, Salvatore Giallombardo, Michele Coiro, il gruppo storico. Quello che colpiva di più era il vecchiume della magistratura. Toccavi con mano il forte accorpamento tra potere e giustizia”.

Qualche sentenza di cui si pente? “Mi pento di essere stato più attento all’equità che alla legge. In fondo facevo l’avvocato anche quando facevo il giudice”. E se ne pente? “Il principio della legalità è inderogabile”. La politica nel frattempo? “Di politica attiva non mi sono mai interessato fino a quando scoppiò Tangentopoli. Craxi, Andreotti, Vitalone, Leccisi, Gava, Forlani. Tutti qua sono venuti”.

E poi? “Nel ’96 conobbi Berlusconi”. Si candidò per Forza Italia. “Non fui eletto per 54 voti”. Se la prese con Previti. “E con An. Li ritenevo responsabili dell’operazione che mi aveva tagliato le gambe. Allora non capivo le cose politiche e reagii con violenza”. Disse che c’era un problema di pulizia al vertice di Forza Italia. “La pulizia resta per me un chiodo fisso. Travaglio scrive che per questa ragione io sarei un voltagabbana”. Effettivamente… “Non sono andato da nessun altra parte”. Andò nella Dc. “Io? No, mai”. Risulta il contrario. “Fui cooptato da un gruppo di democristiani che facevano capo a Piccoli e volevano far rinascere la Dc. Durò un mese”.

Disse che Previti doveva dimettersi. Adesso lei è un forte sostenitore della sua innocenza. “Mi sono fatto le mie buone indagini e le dico che in quegli atti processuali non c’è prova della responsabilità di Previti”. “Però disse: 21 miliardi non sono la parcella di un avvocato”. “Dissi anche: “A meno che non rappresentino il pagamento di altri tipi di attività professionale”.” Sui quali non ha pagato le tasse. Dieci miliardi rubati allo Stato. “Sa quanta gente non paga le tasse?” Quale ministro non paga le tasse? “Forse tutti”. Previti si difende boicottando il processo. “L’unica soluzione: impedire che si arrivi alla decisione. Lo farei anche io”. Che vergogna. Previti è un deputato… “Prima imputato, poi deputato”.

Forse è per questi motivi che la sinistra non la può vedere. “No. I motivi sono altri. Violante, Rizzo, Pagliarulo, Bonito sapevano che io sono un archivio esplosivo. Temevano che andassi a presiedere la commissione dei pentiti perché su tutte le cose accadute negli ultimi 15 anni so dove mettere le mani e sono pronto a mettercele. E se andassi a tutelare l’ordine pubblico potrei mettere le mani sulla Dia. Io sulla Dia ho sempre avuto delle consapevolezze che pochissimi hanno. Mi sono fatto i processi Andreotti, ho seguito Craxi”.

Aveva rapporti con i servizi segreti? “E’ diverso: ho sempre avuto informazioni dei servizi segreti”. E come fa? “Arrivano. E io le manovro, le utilizzo, me ne servo”. La sinistra l’ha costretta alla resa. “Anche parte del centro destra. Luca Volonté, del Ccd, mi ha attaccato duramente. Fini disse che dovevo dimettermi”. “Lei aveva detto: i magistrati di Milano debbono andare in galera. Mica male come gaffe”. “Quale gaffe? Lo direi ancora. Anzi no. La prossima volta dirò la stessa cosa, in un altro modo.

Dopo le sue dimissioni, anche quelle di Scajola. “Scajola ha fatto un’affermazione che lascio a lei definire…” Volgare? “Sì, insomma, appunto.Ma doveva rimanere al suo posto”. Che cosa pensa dei vari ministri della Giustizia? “Il peggiore è stato Flick. Era troppo legato al carrozzone governativo. Il governo è di tutti, non soltanto della sinistra”. Detto da uno di Forza Italia… “Certamente è un problema anche oggi”.

Gli altri ministri? “Diliberto non mi dispiaceva”. E Fassino? “Insignificante”. Lei, Mancuso e Sgarbi, messi in difficoltà, avete attaccato Forza Italia. Il vostro non sembra un partito ma una banda, piena di prezzolati senza tensione morale. “Io non ho attaccato Forza Italia.Mancuso ha parlato di un partito di banditi. La mia indignazione è stata forte. Se una persona dichiara di voler uscire da un partito perché è fatto di banditi, vuol dire che non ci doveva entrare. La stessa cosa per Vittorio Sgarbi”.

E lei? “Allora non appartenevo a Forza Italia. E adesso, quando mi sono dimesso da sottosegretario, il giorno dopo ero nel gruppo di Forza Italia a lavorare più di prima. E comunque io mi ero scontrato con un problema politico reale. Sgarbi con Valerio Staffelli e il Tapiro…” Posso chiederle di darmi, a futura memoria, alcuni giudizi che si impegna a non cambiare anche se dovessero trattarla male? “Certamente”. Dell’Utri. “Uomo di grandissima cultura”. Chiacchierato.. “Neanche i magistrati hanno avuto il coraggio di contestargli l’associazione mafiosa. Solo concorso esterno…” Qualche amico mafioso ce l’aveva… “Pure io ho qualche amico mafioso. Pure lei”. Io no.

“Dell’Utri è uomo di grande lealtà. Previti? “Grande intelligenza, esperienza, ponderazione. Ma ha l’irruenza del guerriero. Come me”. Miccicché. “Travolto dalle troppe cose che fa. Molto leale”. Urbani? “Un gran signore, molto colto”. Quando chiedo qualche esempio di adulazione molti fanno il nome di Vito. “Vito adulatore? Non direi proprio. E’ il mio capogruppo, ha una particolare attenzione per me e di questo gli sono grato”. E Schifani? “E’ una persona serena. Condivide integralmente la posizione cultural politica di Berlusconi”. Diciamolo: appiattito sulle posizioni… “Io non dico appiattito…” …un tappetino… “Non direi”.

Il nome di un adulatore? “In Forza Italia c’è moltissima adulazione. Sandro Bondi, portavoce di Forza Italia, ha detto che il partito è Berlusconi. E’ stato anche contestato. Penso che Forza Italia sia anche Bondi”. Ha detto che dovreste annullare qualsiasi differenza con Berlusconi. “Ci sono molti ipocriti in Forza Italia. Quando vanno a fare la loro attività politica nel loro collegio diventano tanti piccoli Berlusconi. Una vasta gamma di berluschini ipocriti”. Un nome. “Ho già troppi nemici. I berluschini, gli scajolini, i dellutrini, i previtini…” I taormini… “Taormini no. Non rappresento nulla, io”.

E il nome di un voltagabbana? “Ugo Intini”. Povero Intini, sempre fedele a Craxi. “Adesso sta dall’altra parte”. Craxi era di sinistra. “Craxi odiava i comunisti. Se fosse vivo starebbe con noi”. C’è questo manipolo di avvocati-deputati, Ghedini, Pecorella, Contestabile. Non si capisce mai quale ruolo recitino. “Può essere esteticamente non piacevole. A Ghedini gliel’ho detto con franchezza”. Che cosa? “Che bisogna distinguere i due ruoli. Quando c’è il dubbio se se stai facendo una legge buona in sé o un piacere al tuo capo, devi astenerti. “Ma Pisapia non è l’avvocato di De Benedetti? Calvi e Petrucci non fanno le cause dei Ds? E che dire dei commercialisti? Vogliamo andare a vedere gli emendamenti che fanno nelle varie commissioni?"

Grazia Volo mi ha detto che la massima soddisfazione è far assolvere un reo confesso… “Una battuta mia che Grazia Volo mi ha copiato. Non c’è gusto a far assolvere un innocente. Anche se è difficile. L’imputato innocente non si sa difendere. Si fida troppo del giudice”. Il cliente migliore è quello muto? “Io non li faccio mai parlare. Non faccio come gli avvocati dei pentiti”. Tipo Lucibello? “Lucibello era uno dei tanti che esercitavano la pratica dell’affidamento del loro imputato al giudice. Uno sport nazionale”. Non ti fanno andare in galera. “Ti tolgono dalla galera all’inizio e ti riconsegnano alla galera alla fine del processo”.

La prima volta che è intervenuto sul delitto di Cogne ha detto che bisognava arrestare la signora Franzoni. Adesso la difende. “Ho sempre sostenuto l’innocenza della signora Franzoni. Ho detto solo che bisognava commissariare la Procura. Non riusciva a trovare l’omicida di un assassinio che si era verificato tra quattro case. Ed è ancora così”. La migliore difesa, lei ha detto, è trovare l’assassino. “E’ quello che stiamo facendo. Proprio in queste ore”.

Sul tribunale di Roma ha fatto dichiarazioni contrastanti. “Cambiare idea non è segno di deficienza, ma gli anni Ottanta sono stati per la magistratura romana un dramma. C’era un gruppo che gestiva il malaffare giudiziario”. Poi però ha parlato dell’estrema serenità dei giudici romani, rispetto a quelli milanesi. “Roma era il porto delle nebbie per la prima parte del processo. Nel dibattimento è stato sempre un buon tribunale”. Lei sosteneva che i giudici milanesi hanno scoperto solo un decimo di quello che si poteva scoprire a Roma. “C’è gente che sta facendo carriere splendide, nonostante abbia fatto parte di una magistratura corrotta”. Anche adesso? “La percentuale di corruzione è molto più bassa. Però dal punto di vista delle interconnessioni con la politica, la situazione è peggiorata”.

C’è il tribunale di Perugia che vigila sulle vicende romane. “Negli anni Ottanta a Perugia arrivavano tantissime denunce. Ma non faceva niente nessuno. Adesso, da quando c’è il nuovo procuratore aggiunto Silvia Della Monica, le cose stanno cambiando”. Si dice che il tribunale di Perugia sia dominio della massoneria. “E’ immerso nella massoneria. Avvocati e magistrati”.

Un giudice può essere massone? “Nessuno può essere massone. Ogni tanto tocco con mano il condizionamento sulla vita economica e istituzionale che la massoneria è in grado di esercitare”. Le hanno mai chiesto di iscriversi? “Più di una volta, e ho reagito sempre con sdegno”. Eppure è amico di un piduista, tessera n.1816. “Che ha dato le sue spiegazioni e l’Italia gli crede”. Lei ha detto: “Berlusconi danneggia con la sua presenza in politica l’evoluzione del Paese”. “Non ho detto questo,ma che Berlusconi nel dibattito sulla giustizia portava i suoi risentimenti e questo danneggiava”.

Dotti o Previti? Chi buttiamo giù dalla torre? “Sicuramente i traditori. Dotti. Ha sputato nel piatto dove aveva mangiato.”. Cofferati o D’Alema? “Ho grande considerazione per D’Alema”. Le piace perché è stato debole nei confronti di Berlusconi? “Se questo duettare fra D’Alema e Berlusconi si fosse radicato, si sarebbe creato un bipolarismo vero. Invece gli hanno preferito Rutelli. Rutelli è un personaggio inquietante. Dove va distrugge”. Che cosa non le piace di Cofferati? “Si comporta in maniera molto rozza. D’Alema non avrebbe mai risposto con lo sciopero al Patto per l’Italia”.

Vespa o Santoro? “Sono stato due volte da Santoro. E due volte mi sono alzato e me ne sono andato. Mi isolava, mi ghettizzava”. Mentre Vespa… “Come giornalista siamo a livelli altissimi, ma qualche volta preferisce lo spettacolo al giornalismo. Come nel caso dell’inno nazionale”. Di Pietro o Spazzali? “Butto Di Pietro. Ma è Spazzali che ha inventato il personaggio Di Pietro. È lui che ha fatto sì che quel processo diventasse uno spettacolo. Io non avrei mai commesso un errore del genere. Se quel processo fosse andato per le vie ordinarie saremmo ancora al primo grado”. Lerner o Ferrara? “Salvo Lerner. Ferrara è un grande giornalista. Però quando ero in difficoltà non mi fu amico”.

Nemmeno Scajola, il suo ministro, ha preso le sue difese. “Anzi, mi ha cremato. Lesse la mia lettera di dimissioni con una chiarezza pari alla lucidità con la quale capiva che mi stava trucidando. Con gusto, compiacimento e soddisfazione. Ma l’ho perdonato”. Mimun o Mentana? “Butto Mentana. Mi ha sempre snobbato. Disinteresse che ricambio”. Un giornalista che non sopporta? “Concita De Gregorio, un po’. Ma la peggiore è Liana Milella. Il giorno prima ti irretisce e il giorno dopo ti accoltella alle spalle”.

Lei ce l’ha anche con il giudice Nordio, quello che inquisiva i comunisti. “Ha avuto in mano le sorti della sinistra italiana e non ha fatto niente. Doveva investigare più a fondo”. Non c’erano prove. “Se capitava a me stia tranquillo che…” Quelle prove venivano fuori. “A costo di fabbricarle”.

Sette, 25 luglio 2002

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