NOTIZIARIO del 18 giugno 2003
 

 
   

QUANTE MAFIE, QUALE INFORMAZIONE
di RDL

16 Giugno 2003, Napoli.

Introduzione di Roberto De Luca (univ. Salerno, referente regionale Osservatorio)

Prima di introdurre il tema dell'incontro Roberto De Luca saluta e ringrazia i relatori presenti e quanti hanno contribuito alla realizzazione dell'evento. De Luca si fa poi portavoce di una preoccupazione che, pur riguardando vari settori della nostra società, si riconduce ad un minimo comune denominatore politico e, in particolare, a ciò che sta avvenendo negli ultimi anni della vita democratica del nostro Paese:

"Si ha una netta sensazione che lo Stato stia arretrando rispetto alle posizioni faticosamente guadagnate negli anni '80 e '90, con il sacrificio di tante vite e con l'abnegazione di tanti coraggiosi operatori di giustizia, a tutti i livelli, e dell'informazione. Parallelamente, assistiamo ad una concentrazione sempre più accentuata dell'informazione ed a un progressivo intensificarsi di attacchi, da parte dei cosiddetti "poteri forti", nei confronti delle voci non facilmente influenzabili e ancora libere.

In questo scenario poco rassicurante, oggi le vittime di tutte le mafie ci ricordano che non esistono fazioni contrapposte nella società civile per quanto riguarda i princìpi che vanno al di là delle ideologie. Esistono solo comportamenti contrapposti: legale e criminoso, trasparente e clientelare, giusto e ingiusto, rispettoso di regole condivise e connivente. I cittadini onesti stanno da un lato, i criminali, con i colletti bianchi o con la lupara, dall'altro.

In mezzo, spesso, stanno i giornalisti, che con coraggio denunciano la cultura della connivenza, delle "cupole", del ricatto, segnalano il clientelismo, la tangente. Ad alcuni di loro si e' cercato di mettere il bavaglio rendendo difficile la loro apparizione in video e in voce. Altri sono stati querelati o hanno ricevuto richieste miliardarie di danni che minacciano il loro patrimonio personale.

Alcuni di loro, infine, per queste denunce, hanno perso la vita e li ricordiamo:

16 Settembre 1970: Mauro De Mauro, redattore del quotidiano "L'Ora", rapito a Palermo e mai più ritrovato.

9 Maggio 1978: Giuseppe Impastato, militante antimafia. E' stato il boss Tano Badalamenti ad ordinarne l'eliminazione per le accuse che gli rivolgeva dai microfoni di una radio locale.

26 Gennaio 1979: a Palermo ucciso il cronista del Giornale di Sicilia Mario Francese. 5 Gennaio 1984: a Catania, Giuseppe Fava, fondatore del settimanale "I Siciliani".

23 Settembre 1985: a Napoli, Giancarlo Siani, giovane giornalista ucciso sotto casa, nel quartiere residenziale del Vomero, per aver lucidamente descritto gli affari e i crimini dei clan emergenti dell'epoca.

27 Settembre 1988: a Trapani Mauro Rostagno, giornalista e sociologo.

8 Gennaio 1993: a Barcellona (Messina) viene ucciso Beppe Alfano, giornalista del quotidiano "La Sicilia".

A questi coraggiosi, ed alle vittime di tutte le mafie, noi dell'Osservatorio sulla legalità ONLUS dedichiamo un dibattito sulle Mafie e l'informazione nel corso del quale sarà presentato, come testimonianza di un impegno non solo "parlato", un progetto di legge per la tutela della libertà di stampa."

Marco D'Acunto (dott. scienze politiche, giornalista)

Partendo della situazione riscontrata in provincia di Avellino, dove gli eventi legati alla criminalità organizzata raggiungono livelli spesso non tollerabili, vista la capillarità delle manifestazioni mafiose anche a livello dei piccoli e piccolissimi comuni dell'Irpinia, D'Acunto ha evidenziato come l'informazione faccia fatica a rappresentare il quadro della situazione anche in relazione a macrofenomeni criminali quali, ad esempio, la vicenda dello scandalo della forestazione, nel quale sono implicati amministratori e politici non solo dell'Avellinese, ma anche de Salernitano.

Il giornalista D'Acunto, al riguardo, ha espresso rammarico per il fatto che, qualora eventi tragici, quali la strage di Quindici, vengono messi in risalto non solo dalla stampa locale, ma anche dalla stampa nazionale, si parla di questi fatti per un intervallo temporale molto ristretto, dopodiché gli sviluppi processuali successivi non vengono più sottoposti all'attenzione della pubblica opinione.

Intanto si assiste ad un radicarsi della criminalità organizzata, sottolinea D'Acunto, come fenomeno strutturato, mentre l'approfondimento di tematiche legate alle attività mafiose diviene sempre più appannaggio di pochi cronisti coraggiosi. E mentre cresce il numero delle testate giornalistiche locali, decresce, di pari passo, la possibilità di dare una visione di insieme a tutte queste manifestazioni criminose, quasi che la parcellizzazione dell'interesse territoriale delle testate ridimensionasse la portata sociale di un evento che avviene in un ambito limitato nello spazio, quello, appunto, di interesse di questa o quella testata locale.

Intanto, le mafie sono in grado di mimetizzarsi e di trasformarsi, per poter assumere connotati meno folcloristici, ma ancora più temibili. Sono in grado, per citare un esempio di incredibile gravità sociale, di creare disagi ai cittadini nell'approvvigionamento idrico per poter lucrare sulla distribuzione dell'acqua, ma sono anche in grado di invadere i mercati finanziari e di mutare l'assetto commerciale e imprenditoriale del paese. Si assiste, pertanto, a una sorta di trasformazione delle mafie, da mafie del folclore, visibili e caratterizzabili per la loro ferocia, a mafie finanziarie invisibili, ma parimenti pericolose e dannose.

Per evitare che delle attività mafiose si perdano le tracce in questo processo di mutazione delle organizzazioni criminali, Marco D'Acunto lancia la proposta di istituzione di un OSSERVATORIO NAZIONALE PERMANENTE SULLE ATTIVITA' MAFIOSE a cui prendano parte giornalisti e giudici, con esperienza maturata nel campo, nonche' esponenti della società civile.

Ferdinando Imposimato (docente, magistrato, saggista, gia' parlamentare e componente commisione antimafia)

Il Senatore esordisce dicendo che l'informazione è un elemento essenziale nella lotta alla mafia: non solo essa serve a sensibilizzare l'opinione pubblica su eventi che hanno ricadute sociali notevoli, cosicché, attraverso una presa di coscienza collettiva del fenomeno, si ottenga una risposta politica adeguata, ma serve anche a sostenere e stimolare gli inquirenti nelle loro funzioni di lotta al crimine.

Ma, a volte, l'informazione non arriva a dare un quadro della gravità degli eventi neanche nei casi più eclatanti, sostiene Imposimato, portando ad esempio lo scandalo TAV, un affare di 170.000 miliardi di lire. In questo caso, alla corruzione politica si sono intrecciati gli interessi mafiosi per tramite di alcuni pseudo-imprenditori, concessionari delle grandi opere legate, appunto, alla TAV, attraverso il metodo dei subappalti. Fiumi di danaro in nero sono scorsi su conti esteri per alimentare la corruzione e per pilotare le concessioni di appalti e subappalti.

Parallelamente si nota che gli stessi pseudo-imprenditori, che prosperano per mezzo delle commesse ottenute mediante finanziamento pubblico, controllano testate giornalistiche di rilevanza nazionale. Allora, secondo il Sen. Imposimato, non può esservi attenzione ed incisività da parte dei media sui temi mafiosi se non si stabilisce per legge una incompatibilita' fra il possesso di testate giornalistiche e la condizione di concessionario di appalti pubblici di rilevante entità.

Secondo il Sen. Imposimato, poi, un fattore importante nella lotta alla mafia, anche se apparentemente scorrelato, è la difesa dell'indipendenza della magistratura. In questi ultimi periodi sono state di fatto bloccate le assunzioni dei magistrati per tramite di concorsi, mentre la tendenza dell'attuale compagine governativa è di abolire del tutto i concorsi, per lasciare spazio all'idea di giudici eletti dal popolo.

L'attuale assetto costituzionale prevede l'accesso alla carriera di magistrato attraverso un concorso pubblico. Un'eventuale elezione dei pubblici ministeri, però, prostrerebbe definitivamente le speranze di una riscossa contro il crimine, in quanto l'elettorato delle zone ad alto tasso di criminalita' organizzata (o tangentizia) sarebbe condizionato ed in parte composto dagli stessi soggetti che ci si propone di perseguire, anche grazie a quella parte dell'informazione controllata da chi non ha interesse a che ciò avvenga.

Ecco come l'informazione, anche in questo scenario non proprio ideale, diviene un elemento determinante nella lotta alla mafia.

Bollettino Osservatorio

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